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Storia del palio

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 2 LUGLIO 1975

Messaggio  jabru Lun Ago 24, 2020 8:24 pm

Sono passati 45 anni, ma nella mente degli istriciaioli che lo hanno vissuto è sempre vivo il ricordo del Palio del 2 luglio 1975, una delle carriere più entusiasmanti di sempre, il cui esito è stato incerto fino alla fine. A contendersi il drappellone dai temi orientali di Sho Shiba, primo autore straniero a dipingere il cencio furono l’Oca con Orbello che, stante l’assenza di Panezio, messo fuori per manifesta superiorità, montato da Aceto era il grande favorito della vigilia, il Drago con Ringo e Canapetta, all’ultima apparizione di una carriera che avrebbe potuto essere senz’altro più lunga e fortunata, l’Aquila con Pitagora e Bazza, la Pantera con la purosangue Lucianella e Morino, rispolverato dopo lunga assenza, la Civetta con Rucola e Liscio, la Lupa con Rio Marin e Tristezza, anch’esso all’atto di addio alla Piazza, l’Onda con Quebel ed Ercolino, il Nicchio con Macchina II e l’esordiente Galletto, preferito a Rondone, il Bruco con Urbano e Canapino ed infine l’Istrice che, per la monta di Rimini scelse Silvano Bietolini detto Ragno che aveva fatto il suo esordio, per altro poco promettente, l’anno precedente nella Pantera. E fu proprio Ragno, la sera del Palio, a bruciare tutti in partenza dal nono posto, ma una traiettoria rivedibile a San Martino lo fece retrocedere, consentendo al Drago di guadagnare la prima posizione. Dietro, si fecero sotto tanto l’Onda quanto l’Aquila che conquistò la testa poco prima di San Martino; Bazza aveva infatti studiato alla perfezione il piano di corsa per far girare a Pitagora il secondo San Martino, da diverso tempo indigesto alla forte grigia. Ma qualcosa non andò secondo i piani, ed anche il vecchio marpione amiatino finì a dritto. Il Palio dell’Aquila si interruppe così, malinconicamente, al Chiasso Largo. Prese nuovamente la testa l’Istrice, ma Ragno nulla poté di fronte alla violenta progressione di Lucianella, ed in breve tempo la Pantera prese diversi colonnini di vantaggio che sembravano decisivi per l’esito della carriera. Il San Martino conclusivo segnò la fine dei sogni di gloria della Pantera e del rientrante Morino: Lucianella si rifiutò di girare e, per la terza volta, l’Istrice si ritrovò in prima posizione, mantenendola sino alla fine. L’ultimo pericolo per l’Istrice arrivò dalla Civetta che, partita in grave ritardo, fu autrice di una notevole quanto inutile rimonta. Ragno, approfittando anche di una piccola indecisione di Liscio, riuscì comunque a difendersi e per il rione di Camollia poteva quindi iniziare la festa a meno di 3 anni di distanza dall’ultimo successo.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 8 SETTEMBRE 1641

Messaggio  jabru Lun Set 07, 2020 11:04 pm


STORIA DEL PALIO: 8 SETTEMBRE 1641

L’ultima asinata corsa nel Campo.



I nostri più attenti lettori avranno certamente notato come, in tema di festeggiamenti, i senesi, nel corso dei secoli, non abbiano mai difettato di fantasia. Così, nei primi anni del 1600, accanto alle corse di bufale ed a quelle di cavalli nel Campo, spuntarono pure le corse di asini, di cui si ricordano solo 3 edizioni (nel 1612 e le due asinate del 1641) ma che comunque furono un divertimento assai gradito per i nostri avi del tempo. Gli storici sono propensi a sostenere che queste asinate fossero più vicine alle pugna che alle altre manifestazioni con animali che si effettuavano in quegli anni, visto ciò che accadeva durante la corsa quando, spesso e volentieri, i pugni e le zuffe risultavano l’elemento caratterizzante ed attraente dell’evento. Ma come si svolgevano tali asinate? Dopo il tradizionale corteo, gli asini pitturati con i colori delle rispettive contrade venivano portati nella zona di partenza, mentre una trentina contradaioli, con funzioni di pungolatori, si sistemavano lungo tutta la pista. Dato il via, i pungolatori tentavano con ogni mezzo di incitare i loro asini montandovi sopra, spingendoli o spronandoli alla meglio, ma senza l’uso di corpi contundenti, severamente vietati pena la multa di 50 scudi d’oro. Era possibile pure infastidire l’asino delle contrade avversarie trattenendolo o rallentandone la corsa. Risse e discussioni tra i pungolatori, come detto, erano all’ordine del giorno e non mancava chi, approfittando del caos che regnava, prendeva un asino di altrui e lo faceva sparire, conducendolo fuori da Piazza. Vinceva l’asino che, in un modo o nell’altro, compiva i due giri regolamentari, per concludere i quali, certe volte era necessaria più di un’ora; alla contrada vittoriosa spettava il Palio ed un premio di 40 scudi; altri 20 scudi venivano suddivisi tra i pungolatori. Nell’agosto 1641, si tennero una corsa di cavalli ed un’asinata, indette dal Principe Mattias, governatore di Siena. Al termine dell’asinata, gli ondaioli protestarono vivacemente in quanto, a loro giudizio, la loro asina non poté vincere poiché danneggiata oltre il lecito dai pungolatori della Torre, contrada che alla fine conquistò quell’asinata. Così, i contradaioli di Malborghetto, per rifarsi dallo smacco subito, decisero di indire a proprie spese, la disputa di un’ulteriore corsa di asini nel Campo, da tenersi l’ 8 settembre, nel girono della Natività della Vergine, astenendosi però dal partecipare in quanto contrada organizzatrice. A tale asinata aderirono 4 contrade, la Chiocciola, la Selva, il Nicchio e la Civetta e fu proprio quest’ultima a vincere. Non abbiamo una cronaca della corsa né degli eventi che accaddero durante essa, sappiamo solo che la contrada vittoriosa donò il Palio conquistato per metà alla chiesa di Santa Caterina e l’altra metà a quella di Sant’Ansano. Questa di 379 anni fa, fu l’ultima corsa con gli asini di cui si ha notizia e, di lì a poco, anche le bufalate vennero sospese; il Palio con i cavalli stava ormai prendendo il sopravvento su tutte le altre feste.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 17 AGOSTO 1835

Messaggio  jabru Gio Ott 01, 2020 7:55 pm

Sul palio del 17 agosto 1835, gli autori del tempo ci hanno lasciato delle cronache alquanto scarne: la carriera infatti, al contrario di ciò che succedeva abitualmente all’epoca, risultò assai lineare (qualcuno la definì addirittura pessima, in quanto priva di accidenti), con il Gobbo Saragiolo nella Torre che prese sin da subito la testa, difendendola senza troppi problemi sino al bandierino finale, venendo insidiata solo dalla Tartuca con Francesco Bianchini detto Campanino, da tutti considerata la vera favorita di quel Palio. Alla base del successo della Torre c’è però una storia fatta di accordi non rispettati, denaro e tradimenti che vale davvero la pena raccontare. Come già detto, l’accoppiata della Tartuca, composta dal potente morello di Giovanni Soldatini e da Campanino, fantino già vincitore in 4 occasioni con tanto di cappotto nel 1830, ed a segno nella carriera del luglio per la Pantera, godeva dei favori del pronostico e, al fine di rendere ancor più agevole la vittoria tartuchina, fu fatto un accordo tra ben 8 fantini, con il benestare dei relativi dirigenti. Inoltre, onde evitare che qualche fantino tradisse i patti, fu imposto loro di versare denaro o oggetti preziosi come garanzia di fedeltà a tale accordo. Ma nonostante tutte queste precauzioni, il traditore ci fu davvero e, incredibilmente, fu proprio Campanino. Durante i giorni del Palio infatti, il Bianchini venne intercettato dai dirigenti della Chiocciola, i quali gli offrirono una cospicua cifra a perdere, si racconta di 40 scudi d’oro, somma ben più alta di quella che avrebbe riscosso in caso di successo. Campanino, come molti colleghi del suo tempo, decisamente più attratti dal denaro che dalla gloria sul tufo, non si lasciò sfuggire l’occasione, accettando la proposta chiocciolina, favorendo così la vittoria della Torre e sostenendo, di fronte a chi lo accusava di scarso impegno in corsa, come il cavallo del Gobbo Saragiolo fosse decisamente il più forte e che il suo non poteva assolutamente competere con l’avversario. Non sappiamo se tale giustificazione sia stata sufficiente a convincere il popolo di Castelvecchio che comunque, ingoiato il boccone amaro per l’inattesa sconfitta, ebbe modo di rifarsi ben presto, uscendo vittorioso da Piazza nella successiva carriera del luglio 1836.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 16 AGOSTO 1861

Messaggio  jabru Mer Ott 14, 2020 7:38 pm

Gli anni che precedettero l’Unità d’Italia furono assai duri per la contrada della Tartuca, sia per il predominio sul Campo della rivale Chiocciola, che in 8 anni conseguì ben 6 successi, con tanto di cappotto nel 1850 , sia per l’ostracismo delle altre contrade e dell’opinione pubblica che vedevano nella contrada di Castelvecchio, allora con i colori giallo e nero dell’Impero, una sorta di nemico da sconfiggere in ogni modo. Nel 1860 la Tartuca, che da alcuni anni aveva sostituito nella propria insegna il nero con il turchino, fu autrice di un gesto clamoroso, rinunciando addirittura a correre il Palio di luglio, come protesta contro i numerosi soprusi subiti, e per questo subì la squalifica di 3 anni, successivamente revocata. La Tartuca tornò allora sul Campo il 16 agosto 1861, e si rifece con gli interessi, vincendo il Palio dopo18 anni di astinenza con il fantino Bachicche, al termine di una carriera movimentata e disputata da sole 8 contrade (Leocorno ed Oca non corsero rispettivamente per il rifiuto del cavallo di avvicinarsi alla mossa e per la rottura delle briglie del barbero), nella quale, prima la Torre e poi la Chiocciola provarono in ogni modo ad impedire la vittoria tartuchina. Il protagonista di quella carriera fu il fantino della Chiocciola Stoccolungo che, una volta data la mossa si fermò, attendendo il successivo passaggio di Bachicche per provare a disarcionarlo. Ma questa manovra si concluse con un goffo nulla di fatto e la Tartuca tagliò per prima il bandierino. Terminata la carriera, mentre il povero Stoccolungo veniva immediatamente tratto in arresto, si scatenò forte la reazione popolare contro la vittoria tartuchina. Numerosi contradaioli invasero la pista e cercarono di aggredire Bachicche che fu salvato dal pronto intervento dei granatieri; altri si recarono sotto al palco dei giudici chiedendo la ripetizione del Palio. I grossi tumulti impedirono la consegna del drappellone ai vincitori cosicché, dopo diversi minuti di tensione, il cencio fu riportato in Comune con un imponente scorta e venne consegnato solo il giorno successivo alla contrada vincitrice che, in tutta fretta, lo portò nel rione dove poté finalmente festeggiare la vittoria conquistata.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty Nel calendario storico paliesco, la data del 20 ottobre non è legata unicamente al Palio straordinario di 2 anni fa. Nel 1632 infatti, l’arrivo a Siena del Granduca Ferdinando II fu celebrato con grandi festeggiamenti che culminarono con la disputa di una

Messaggio  jabru Lun Ott 19, 2020 8:33 pm

Nel calendario storico paliesco, la data del 20 ottobre non è legata unicamente al Palio straordinario di 2 anni fa. Nel 1632 infatti, l’arrivo a Siena del Granduca Ferdinando II fu celebrato con grandi festeggiamenti che culminarono con la disputa di una bufalata sul Campo con la partecipazione delle contrade, disputata proprio il 20 ottobre. Le corse con le bufale, o più semplicemente bufalate, sostituirono nei giochi senesi le cacce ai tori, abolite dopo il Concilio di Trento, e risultarono assai gradite dal popolo (in 51 anni se ne disputarono ben 36), ma anche dalla famiglia granducale, che spesso e volentieri assistette a tali spettacoli. Alla bufalata in questione parteciparono sei contrade (Lupa, Oca, Nicchio, Torre, Onda e Tratuca), ciascuna delle quali, prima dello svolgimento della corsa, sfilò in Piazza con una comparsa nella quale elementi di spicco erano il Capitano, o capo comparsa, vestito con preziosi abiti, l’alfiere che portava l’insegna ufficiale della contrada ed, ovviamente, la bufala di razza maremmana, infiocchettata con i colori della contrada, montata dal fantino, detto anche buttero, e circondata da 12 pungolatori, cioè coloro che durante la corsa avevano il compito di incitare la bufala e condurla nella giusta direzione. Immancabili pure i carri allegorici, alcuni dei quali a tema mitologico, altri invece destinati ad esaltare le virtù del grande ospite (il carro dell’Onda ad esempio celebrava il Granduca e le sue conquiste navali). Terminato il corteo si svolse la corsa che, come spesso accadeva, risultò essere caotica e poco lineare, data la scarsa docilità delle bufale. Esse vennero condotte alla mossa, posizionata per l’occasione di fronte al Vicolo dei Borsellai, agli ordini di due mossieri e, dopo uno squillo di tromba, segnale di partenza, vennero lanciate in corsa. Vinceva la bufala che per prima compiva i tre canonici giri, percorsi però in senso opposto a quello tenuto oggi dai cavalli, ed il punto di arrivo era posto al Vicolo di San Paolo. Per ovviare alle bizze delle irrequiete bestie che il fantino da solo non era in grado di risolvere, decisivo risultava l’apporto dei pungolatori i quali, utilizzando i loro pungoli (mazze, punte di ferro o altri oggetti acuminati o contundenti) cercavano di evitare che la bufala si impuntasse, si girasse o, addirittura, uscisse dalla pista. Se altre persone, oltre ai pungolatori, si fossero intromesse nell’assistenza della bufala, esse sarebbero state punite con la pena del pagamento del prezzo del Palio più la cattura. La bufalata del 20 ottobre 1632 fu vinta dal Nicchio che si aggiudicò il prezioso Palio di velluto ricamato e decorato che spesso le contrade donavano alle rispettive chiese. Per la contrada dei Pispini si trattò della seconda vittoria in una bufalata, avendo precedentemente conquistato quella del 1612.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 16 AGOSTO 1885

Messaggio  jabru Lun Feb 22, 2021 9:47 pm

Una delle carriere su cui la storiografia paliesca è particolarmente ricca è quella del 16 agosto 1885, vinta dall’Oca con Leggerino su Prete, caratterizzata da un dopo corsa assai animato, che vide direttamente coinvolto il fantino Mario Bernini detto Bachicche (nella foto in alto) , autore durante la carriera di uno dei più grossi tradimenti mai visti in Piazza. Bachicche, vincitore del Palio di luglio per la Chiocciola, usufruendo del non indifferente aiuto ricevuto da Leggerino che correva nel Montone, fu confermato anche per la carriera di agosto in San Marco, dove arrivò il forte cavallo Lupetto. Le prove furono tutte dominate con irrisoria facilità dall’accoppiata Bachicche - Lupetto, tant’è che in città, tutti erano ormai sicuri del cappotto, ed anche i chiocciolini, per non farsi trovare impreparati, iniziarono a predisporre i festeggiamenti, ordinando decine di damigiane di vino, preparando bandiere e braccialetti e mettendo i cappotti fuori dagli armadi. Ma i progetti di Bachicche erano ben diversi: scoraggiato dall’irrisoria cifra a vincere offerta dalla Chiocciola, evidentemente rimasta con pochi danari dopo la recente vittoria, ed attratto dal cospicuo gruzzolo promessogli dall’Oca, la sera del Palio, il Bernini si fece trovare impreparato alla mossa, mentre Leggerino scattò secondo dai canapi, superò in breve la Lupa e venne a vincere il Palio senza alcun problema. Il tentativo di rimonta, per la verità appena abbozzato, di Bachicche, si infranse sotto il nerbo di Masino, fantino della Lupa, più interessato a parare l’avversario che a riconquistare la prima posizione. Allo scoppio del mortaretto, gli animi dei chiocciolini si scaldarono notevolmente nei confronti del traditore. Bachicche, rincorso da un gran numero di persone con intenti poco amichevoli, fu così costretto a fuggire, in groppa a Lupetto onde evitare il “passaggio da Busseto”. Il tentativo di fuga da San Martino fallì, visto che lì stazionava un nutrito gruppo di torraioli, evidentemente poco soddisfatti della vittoria della rivale; al Casato, nonostante la presenza dell’intera comparsa della Chiocciola, Bachicche riuscì a passare indenne, spronando il proprio barbero verso San Marco dove, nel mentre, erano già giunti gli echi del grande tradimento e l’accoglienza che egli ricevette non fu delle migliori, trovandosi di fronte tante persone armate di oggetti contundenti, vogliose di sfogare contro il responsabile della mancata vittoria, la rabbia e la delusione accumulata in quei minuti. Bachicche, riuscì comunque a dileguarsi ed i tentativi dei contradaioli di rincorrerlo per le strade fuori Porta San Marco furono vani. La corsa dei fuggiaschi si interruppe solo in zona sicura, alle Taverne d’Arbia, dove Bachicche trovò rifugio presso amici fidati. Per i chiocciolini, la rabbia per la vittoria sfumata non fu facile da digerire, anzi si trasformò ben presto in beffa doppia, dato che nel 1886 quel cappotto, tanto agognato dalla Chiocciola, fu realizzato dalla rivale Tartuca, grazie a Leggerino ed a Pietrino.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 15 AGOSTO 1871

Messaggio  jabru Ven Mar 05, 2021 12:28 am

Le carriere ottocentesche sono ricche di una serie di aneddoti relativi a tradimenti o ad accordi, più o meno leciti, tra fantini per favorire una contrada o per danneggiare un fantino troppo audace. Tuttavia, non sempre tutto è andato per il verso giusto, ed il protagonista della storia di oggi, Giuseppe Paoli detto Mascherino, ne sa qualcosa, avendo provato ciò sulla sua pelle. Nel Palio del 15 agosto 1871, all’Aquila, a digiuno da 35 anni, toccò in sorte un soggetto di Luigi Grandi, considerato non certamente al livello dei migliori, che erano andati nell’Istrice, nella Pantera e nell’Oca. La contrada del Casato si affidò all’esperto Mascherino, 20 presenze sul tufo e 2 vittorie al suo attivo. Mascherino, al pari di quasi tutti i suoi colleghi, molto più attratti dai soldi che dalla gloria, si vendette all’Istrice, che con il grande Girocche pareva avere già la vittoria in tasca. Ma la carriera diede un responso ben diverso: dopo una rapida mossa, data con un meccanismo particolare – i cavalli furono accompagnati a mano dai barbareschi al canape e, solo una volta allineati, furono fatti salire in groppa i fantini – a scattare davanti fu proprio l’Aquila che riuscì a mantenere la posizione fino a San Martino, quando Mascherino simulò, per altro in modo assai discutibile, una caduta, cercando così di facilitare la rimonta dell’Istrice. In testa passò però Cecco, il nipote del mitico Piaccina, che correva il Bruco, ed uno dei pochi, se non addirittura l’unico, a non essersi venduto a Camollia Cecco condusse indisturbato per due giri, rintuzzando ogni attacco dello scosso dell’Aquila e dell’Istrice fino al San Martino finale, quando i suoi sogni di gloria sui infransero sotto il nerbo di Stoccolungo, fantino dell’Onda che si era fermato al giro precedente, visto il rifiuto del suo barbero di girare la curva, per poi rientrare in pista con il solo scopo facilitare il successo dell’Istrice, ostacolando il Bruco. La manovra, però, riuscì solo a metà in quanto, se il Bruco fu messo definitivamente fuori dai giochi, lo stesso non si può dire dello scosso aquilino, che tagliò fuori l’Istrice, passò in testa e concluse vittorioso la carriera, finita la quale, la rabbia degli istriciaioli delusi fu difficile da contenere, ed a farne le spese furono proprio gli aquilini che dovettero uscire da Piazza in tutta fretta e con la scorta delle forze dell’ordine. Per ciò che riguarda il nostro Mascherino, ritrovatosi improvvisamente vincitore di un Palio che per nulla al mondo avrebbe voluto, al danno si aggiunse poi la beffa, poiché, si racconta, che la dirigenza dell’Aquila, che non aveva bevuto la sceneggiata della finta caduta, pagò al suo fantino una somma molto inferiore a quella pattuita inizialmente, e decisamente irrisoria rispetto a quella che avrebbe riscosso in caso di vittoria dell’Istrice. L’ennesima dimostrazione che nel Palio non tutte le ciambelle riescono con il buco….

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Storia del palio - Pagina 4 Empty LO "SCIOPERO DEI CAvALLAI"

Messaggio  jabru Ven Apr 02, 2021 8:43 pm

Un evento più unico che raro condizionò la carriera del 17 agosto 1795.

Il Palio del 17 agosto 1795, fatto ricorrere da alcune organizzazioni cittadine e vinto da Biggeri nella Torre, viene ricordato per un episodio unico nella storia che provocò lo slittamento di un giorno di tutte le normali tempistiche paliesche. Accadde infatti che, la mattina della tratta, non si poterono svolgere tutte le consuete operazioni di selezione ed assegnazione dei barberi, che pertanto slittarono di 24 ore, e ciò non per motivi meteorologici, ma per la mancanza di cavalli, a causa di uno “sciopero” dei cavallai. I proprietari, insoddisfatti sull’entità della somma di denaro imposta alle contrade a titolo noleggio del cavallo per i giorni di Palio, detta anche “vettura”, che ammontava a 2 Lire al giorno, misero in atto una clamorosa forma di protesta, rifiutandosi di presentare i cavalli per la tratta. Già negli anni precedenti, i cavallai avevano fatto sentire la loro voce nei confronti della Comunità circa l’ammontare della vettura, ritenendo che “lo strapazzo ed il rischio” per il loro cavallo non fosse proporzionato alla piccola somma prevista, considerando anche il continuo rincaro dei costi per la sussistenza dei cavalli stessi. La questione fu posta all’attenzione della Comunità solo l’anno successivo ed il 18 luglio 1786 una deliberazione stabilì l’aumento della vettura a carico delle contrade a 3 Lire al giorno, decisione questa non accolta positivamente da alcuni capitani che sostenevano come tali spese dovessero essere a carico delle casse municipali e non delle singole consorelle.

Nonostante il rinvio di un giorno, il Palio procedette poi regolarmente ed anche la carriera si svolse senza sussulti particolari. In campo si presentarono due schieramenti contrapposti di fantini: gli empolesi Ciccina, Piaccina e Biancalana, che correvano rispettivamente per Leocorno, Civetta e Drago che si erano accaparrati i soggetti migliori, ed i senesi Biggeri, come detto nella Torre, e Ciocio nella Pantera, pronti a tutto pur di non far trionfare la triade rivale. Nonostante l’inferiorità numerica, i senesi riuscirono a dominare la corsa: Biggeri prese subito la testa, seguito come un ombra da Ciocio che si preoccupò di ostacolare gli avversari, in particolar modo Biancalana che fu mandato a dritto al primo San Martino, e Piaccina, anch’egli finito sul tufo nel corso del giro successivo, consentendo così all’amico Biggeri di conquistare nel più facile dei modi il suo terzo successo personale sul Campo.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 9 SETTEMBRE 1685

Messaggio  jabru Gio Apr 08, 2021 7:44 pm

La prima “vera”carriera straordinaria



Quella del 9 settembre 1685 è ritenuta dagli storici di Palio la prima vera carriera straordinaria mai disputata; precedentemente infatti, si erano corsi altri Palii in data diversa rispetto al 2 luglio (ricordiamo coma allora la carriera di agosto non era stata ancora istituzionalizzata), sempre per celebrare la venuta di principi vescovi o altre personalità, o comunque per celebrare ricorrenze cittadine. In quel 1685, la carriera fu indetta per festeggiare un importante avvenimento di rilevanza internazionale: la cacciata dell’esercito turco da Vienna, evento per altro accaduto due anni prima, più precisamente il 14 luglio 1683. Tale impresa ilitare ebbe gran risalto in tutta Europa , ed anche a Siena, sia per la presenza in città di un nutrito gruppo di studenti tedeschi, la Nazione Alemana, ma anche perché molti militi senesi si fecero valere nelle ostilità; tra d essi vale la pena ricordare il conte Paolo Amerighi autore, durante la battaglia di Eszeck di un gesto eroico, cioè la sottrazione del vessillo di gurera ad un milite turco, insegna che il conte Amerighi donò al suo ritorno a Siena alla Madonna di Provenzano e che possiamo tutt’ora ammirare nella Collegiata omonima, alla destra dell’altar maggiore. Tra i componenti della Nazione Alemana in Siena vi erano anche i fratelli principi di Liechtenstein, i quali chiesero di far disputare un Palio straordinario per festeggiare la meglio le imprese delle armate cristiane. La richiesta dei fratelli fu accolta dalla Balia, così, il 9 settembre, in occasione della festa del SS: Nome di Maria, istituita proprio a ricordo della messa che aveva sigillato l’accordo tra il Re di Polonia e l’Imperatore d’Austria, che diede il via all’attacco decisivo, fu corso il Palio. Su come si sia svolta la carriera non sappiamo nulla. Le uniche notizie certe riguardano la vittoria della Selva con il mitico Pavolino, che si aggiudicò il preziosissimo drappellone di damasco rosso con fregio di lama di argento, offerto dai Principi di Liechtenstein, ed il masgalano conquistato dall’Onda. A questo Palio aderì pure il Montone che però non ebbe altrettanta fortuna, e ciò si apprende dal testo di Virgilio Grassi che riporta fedelmente un passo del libro delle deliberazioni della contrada dei Servi, dove è riportato un interessante commento, in cui l’autore si duole della sconfitta della sua contrada poiché “per nostra grande disgrazia, per invidia di qualche malevolo, al nostro cavallo è stata questa notte trapassata la pianta del piede con una lesina in modo che è rimasto quasi stroppiato; ciò nonostante è stato quarto nella corsa. Di questo Palio si ricorda inoltre un’ordinanza di Biccherna molto particolare che fu emanata per ovviare a certi inconvenienti sorti in una precedente occasione, quando l’Istrice, evidentemente insoddisfatto del cavallo ottenuto in sorte, pretendeva di rimandarlo indietro, dichiarando di non voler correre la carriera, per poi tornare indietro dietro minaccia di severe sanzioni. Così, la Biccherna ordinò che le contrade partecipanti avrebbero dovuto fare comparsa anche se il cavallo toccato loro fosse stato cattivo, pena la multa di 25 lire e l’arbitrio.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 18 MAGGIO 1947

Messaggio  jabru Gio Apr 29, 2021 11:05 pm

Nel giorno di Santa Caterina, ricordiamo la carriera corsa nel sesto centenario della sua nascita

Nel giorno in cui la Chiesa celebra Santa Caterina da Siena, patrona d’Italia e compatrona d’Europa, ripercorriamo gli eventi del Palio del 18 maggio 1947, disputato nel sesto centenario della nascita della Santa senese.

Fin dal momento della tratta, quello straordinario si preannunciò incerto come non mai, viste le scelte quasi obbligate che i capitani furono costretti a fare, a fronte dei soli 16 cavalli presentati all’Entrone la mattina del 15 maggio. Così, accanto ai più volte vincitori Piero, toccato all’Aquila ed affidato al Biondino, e Folco, che finì nel Drago dove si ricompose, assieme a Rubacuori, l’accoppiata vittoriosa nel Palio della Pace, furono scelti ben 8 soggetti nuovi; tra di essi, i più chiacchierati risultarono il purosangue Cesarino, assegnato all’Oca, dove approdò Amaranto, e Brillante, di Dedo Pianigiani, assegnato alla Civetta, che per la prima prova montò Napoletano, già vincitore con il giubbetto del Castellare nel’37. L’avventura del fantino campano durò però lo spazio di mezzo giro, e la caduta al primo San Martino, con conseguente frattura al braccio, lo tolse subito fuori dai giochi, costringendo capitan Batino Mori a fare i salti mortali per trovare una monta adeguata per il non facile Brillante. Anacleto Manzotti detto Coscia arrivò solo per la terza prova, la seconda la Civetta proprio non la corse, in quanto nella notte la dirigenza non era riuscita a trovare il fantino da presentare la mattina successiva. La soluzione definitiva fu trovata solo in extremis, per la prova generale, quando nel Castellare tornò Primo Arzilli detto Biondo in sostituzione di Coscia, che comunque non rimase a piedi, venendo girato alla Torre.

La sera del Palio le contrade si schierarono ai canapi nel seguente ordine: Civetta (Brillante e Biondo), Aquila (Piero e Biondino), Montone (Stretta e Ranco), Leocorno (Fato e Saragiolo II), Tartuca (Pallino e Ciancone), Selva (Gioioso e Ganascia), Drago (Folco e Rubacuori), Torre (Ida e Coscia), Giraffa (Topo e Pietrino), ed Oca di rincorsa (Cesarino ed Amaranto).

Dopo qualche tensione tra i canapi, lo scatto di Brillante dal primo posto fu notevole e risultò un’ipoteca per la vittoria finale, anche se, per l’Arzilli, non mancarono le insidie durante il primo giro. La prima gliela portò subito l’Oca, che con una violenta progressione si fece subito minacciosa ma, complice la traiettoria troppo alta e la grossa velocità con la quale affrontò San Martino, gli anteriori di Cesarino cedettero di schianto e, per Fontebranda, il Palio finì subito, drammaticamente. Nel frattempo, si fece sotto l’Aquila, che riuscì a guadagnare la testa della carriera, che però la Civetta riconquistò ben presto, vista la caduta del Biondino al successivo Casato. Per Brillante ed il Biondo non ci furono problemi ulteriori ed i restanti due giri risultarono una semplice formalità, mentre nelle retrovie, la rimonta del vecchio Folco, con un determinato Rubacuori, non consentì al Drago di andare oltre un beffardo secondo posto . Per la Civetta fu il secondo successo dal dopo guerra, ancora una volta grazie alle sapienti mani di Primo Arzilli detto Biondo che, di lì a poco, sempre sotto il capitanato di Sabatino Mori, conquisterà un nuovo cencio, il 16 agosto 1949, regalando un tris storico alla contrada del Castellare

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 2 LUGLIO 2006, LA PRIMA VITTORIA DI ANDREA MARI

Messaggio  jabru Lun Mag 24, 2021 10:08 pm

La notizia della scomparsa di Andrea Mari ha sconvolto la città e l’intero mondo paliesco. Ieri ci ha lasciato non solo uno dei migliori fantini di Piazza, ma soprattutto un ragazzo, un senese vero, conosciuto ed apprezzato per la sua spontaneità e per le sue doti umane. E proprio in quel soprannome che la “sua” Tartuca gli impose ormai 20anni fa, Andrea rispecchiava tutto il suo essere. Perché Andrea era il brio fatto uomo, e tutta la sua effervescenza di eterno Peter Pan l’ha, sin dal suo esordio, riversata sul tufo,ed anche grazie a ciò Brio è riuscito a diventare quel che era, cioè un grande del Palio. Nel nostro piccolo, vogliamo ricordarlo, andando a ripercorrere gli eventi del Palio di luglio del 2006 vinto da Andrea nella Pantera. Abbiamo scelto questa vittoria, non per fare un dispiacere agli amici aquilini, che non saranno entusiasti di ripercorrere quei momenti, ma solo perché, oltre ad essere stato il primo assoluto di Andrea, è stato il trionfo che ha dato il là alla sua stupenda carriera, sino a quel momento costellata da poche luci e da diverse ombre. La contrada di Stalloreggi non era tra le più accreditate nei pronostici, avendo ricevuto in sorte Choci, cavallo che Brio aveva già montato nello sfortunato agosto precedente, nell’Onda. La super favorita era l’Istrice con Zodiach e Trecciolino, ma godevano dei favori del pronostico anche l’Oca con Elisir Logudoro e Bighino ed il Leocorno con Ziilata Usa e Tittia. Completavano il lotto il Drago con Ernesto Bello e Massimino, la Giraffa con Delizia de Ozieri ed Il Pesse, entrambi i fantini al canto del cigno della loro lunga carriera, la Torre con Desmon e De’, la Selva con Fedora Saura e Salasso, il Montone con Didimo e Sgaibarre e l'Aquila con Ellery e Lo Zedde. La sera del 2 luglio la sorte mise di rincorsa la favoritissima Istrice, togliendo all’acoppiata di Camollia tante chance di vittoria. Fu l’Aquila a scattare in testa dopo una mossa durata pochi minuti; dietro, diverse contrade a ventaglio, con la Pantera più attardata che però, sfruttando la traiettoria larga che estromise dalla corsa Torre, Giraffa e Montone, guadagnò diverse posizioni, tanto da girare il Casato al terzo posto, iniziando una disperata quanto esaltante rimonta. Disperata, sì, perché Andrea non voleva una nuova “purga”, che avrebbe senz’altro messo a rischio il prosieguo della sua avventura paliesca. E così, Brio iniziò il suo capolavoro, guadagnando tanti metri sull’Oca che si trovava in seconda posizione, con un San Martino da antologia, superandola poi di dentro, nei pressi del bandierino. Davanti a Brio e Choci restava solo l’Aquila, avvantaggiata di un paio di colonnini e, forse, irraggiungibile. Ma non per Andrea. Lo Zedde già assaporava la vittoria, nonostante Ellery avesse subito un problema ed il suo galoppo non fosse più lineare; girato il Casato conclusivo, gli aquilini erano già in pista ad esultare, ma le nerbate e gli sforzi di Virginio Zedde non furono sufficienti a contenere il ruggito finale di Choci e Brio, che proprio a fil di bandierino ebbero la meglio, riportando il cencio in Stalloreggi dopo 12 anni. Brio vincerà poi sul Campo altre 5 volte, nell’agosto 2009, scuffiando la Civetta, nell’agosto 2011 nella Giraffa, ancora nella Civetta nell’agosto 2014, nella Torre nel luglio 2015, mettendo a tacere chi sosteneva che “il Mari vince solo nelle contrade piccine”, ed, infine, nel Drago, nel luglio 2018. Ma anche quando non ha vinto Brio è sempre stato un grande protagonista: da manuale, seppur sfortunati, due degli ultimi tre Palii disputati, lo straordinario di ottobre nella Civetta con Techero, cavallo che nessun altro fantino avrebbe montato, nemmeno sotto tortura, e quello di agosto 2019, nel Bruco con Schietta, quando solo il destino, sottoforma di Remorex scosso, lo privo’ di una vittoria meritata. E chissà quante carriere ancora avrebbe potuto conquistare se la sorte non gli avesse chiesto troppo presto il conto. Andrea Mari aveva dedicato la sua vita ai cavalli, dai cavalli, quelli dell’auto, la sua vita piena di brio, gli è stata tolta, in un triste pomeriggio di metà maggio.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty LA RINGOLLATA DEL '35

Messaggio  jabru Mer Giu 09, 2021 1:03 am

Come tutti i contradaioli ben sanno, il termine ringollata indica la vittoria di una Contrada a breve distanza da quella della rivale. Nel Palio moderno, al contrario di ciò che accadeva pochi decenni fa, quando le accoppiate Nicchio – Montone ed Aquila – Pantera erano avvezze a ringollate reciproche, ringollare è cosa ardua; ancora più difficile farlo di agosto se la rivale ha vinto a luglio. L’ultima ringollata nel giro di 45 giorni è avvenuta quasi un secolo fa, nel 1935, protagoniste Lupa ed Istrice. Quella tra le contrade di Vallerozzi e di Camollia era una rivalità fresca, nata pochi anni prima per motivi di confini ma già molto sentita tra i due popoli, e la ringollata operata dall’Istrice, in risposta al successo lupaiolo di luglio non fece altro che alimentare l’ inimicizia. La carriera Provenzano, come detto, fu vinta dalla Lupa con Ruello e Tripolino, autori di un monologo durante i tre giri, aiutati anche dal lavoro sporco del redivivo Bovino, di ritorno in Piazza dopo 5 anni di assenza, nei quali aveva vissuto pure l'esperienza della campagna di Africa, che, montando Folco, con il giubbetto del Nicchio, tenne a debita distanza Pietrino nell’Istrice, giunto alla fine secondo, al termine di una infruttuosa e tardiva rincorsa iniziata una volta che l’accoppiata istriciaiola si liberò dalla stretta marcatura posta in essere da Bovino.

Ad agosto, le parti si invertirono: Ruello andò nell’Istrice che confermò la fiducia a Pietrino, mentre alla Lupa, che montò nuovamente Tripolino, toccò la modesta Masina. Data la mossa, partirono in testa la Selva, con Melisenda e lo Sgonfio, il Leocorno, con Rondinella ed il debuttante Primo Arzilli detto il Biondo e la Giraffa con Folco e Porcino. A San Martino, il Biondo cadde, la Selva allargò vistosamente e, sfruttando la traiettoria bassa, l’Istrice riuscì a prendere la prima posizione. Porcino, nerbato nei primi metri dal Leocorno e finito nelle retrovie, tentò la rimonta, resa però impossibile dalla forma non dei giorni migliori di Folco. Ad impensierire Pietrino ci pensò infine l’Oca con Tesio e Ganascia, ma lo svantaggio nei confronti della testa della corsa era ormai incolmabile. Per l’Istrice fu così festa doppia: ringollata e fine del lungo digiuno che durava ormai da 21 anni.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 15 AGOSTO 1581

Messaggio  jabru Sab Giu 19, 2021 10:33 pm

I nostri avi che assistettero al Palio alla lunga del 15 agosto 1581, organizzato dall’Aquila, al culmine di un’estate ricca di festeggiamenti, tra carriere rionali, asinate e bufalate, furono testimoni di un evento fino ad allora inedito nella storia della nostra festa, ed unico rimasto per altri 376 anni. Altro episodio inconsueto accaduto nel corso di quel Palio, fu la partecipazione delle contrade che, come tradizione, non erano protagoniste delle feste e delle carriere alla lunga di mezz’agosto, solitamente riservate ai ricchi e nobili proprietari di cavalli che iscrivevano i loro barberi per cercare gloria tra le vie cittadine. Stavolta l’Aquila estese l’invito alla carriera alle consorelle, sette delle quali, Onda, Drago, Montone, Oca, Torre, Giraffa e Lupa, vi aderirono. La corsa, come ben raccontato dal manoscritto di Domenico Treggiani detto il Desioso Insipido, fu preceduto dal solito sfarzoso corteo, nel quale le contrade presentarono rappresentazioni di scene mitologiche; quella del Drago fu giudicata la migliore e si aggiudicò una collana del valore di 40 e scudi, mentre il masgalano per le miglior livree se lo aggiudicò il Montone. Ma l’attenzione di tutti era rivolta verso il Drago, in particolar modo verso il fantino scelto dalla Contrada per condurre il barbero nel percorso fino al Duomo, una villanella poco più che adolescente, al secolo Virginia Tacci, passata alla storia come prima donna a disputare un Palio, seppur alla lunga. La giovane fantina non riuscì nell’impresa di vincere la corsa, giungendo solo terza, conducendo a lungo, prima di cedere il passo all’Onda, ma la sua bella prestazione non passò inosservata: parole di elogio furono tributate a Virginia da tutta la città e, soprattutto, dal Governatore Federico Barbolani di Montauto il quale, in due missive inviate al Segretario di Stato Antonio Serguidi, ne esaltò la leggiadria e l’ardore nella monta meritandosi, oltre alle simpatie del Barbolani, che volle ricompensarla offrendole un bel cavallo, le invidie di molte donne senesi ed alcune delle quali, nota ancora il Governatore, meditarono addirittura di imparare a cavalcare, considerando tale arte un buon mezzo per attirare le attenzioni maschili.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 3 LUGLIO 1904

Messaggio  jabru Gio Giu 24, 2021 7:56 pm

Il Palio del 3 luglio 1904, vinto da Nappa nella Pantera, è ricordato per il suo particolare epilogo, con due contrade arrivate quasi simultaneamente sul bandierino, praticamente indivisibili ad occhio nudo, che creò attimi di forte tensione tra contradaioli, evento questo, non proprio raro all’epoca.

In una tratta ricca di bomboloni, ben 6 furono le contrade favorite dalla sorte, in primis la Pantera, poi l’Istrice, che si affidò a Tabarre, l’Onda con Benvenuto, la Tartuca con Picino, la Lupa con Zaraballe ed il Bruco con Nello Magnelli. La mossa del Palio fu perfetta e vide la pronta partenza dell’outsider Popo nell’Aquila, e di Picino. I due furono ben presto rilevati in testa da Nappa che, a San Martino, dovette nuovamente cedere il comando delle operazioni alla Tartuca a causa di un cedimento della sua cavalla, Ida. La carriera si decise nei metri finali: Ida, ripresasi dalla defaillance, mise in scena una notevole progressione che le permise di recuperare posizione su posizione, andando a raggiungere e superare la Tartuca nei pressi del bandierino. Come ci mostra in modo perfetto il cavallino posto a corredo di questo articolo, le due contrade arrivarono talmente vicine, solo mezza testa, dicevano le cronache del tempo, che dalla Piazza si fatico’ a capire chi l’avesse spuntata. Sotto il palco di giudici si precipitarono a reclamare il cencio tanto i tartuchini quanto i panterini e, solo dopo l’intervento delle autorità, il Palio fu correttamente assegnato alla Pantera. Le rimostranze dei delusi contradaioli di Castelvecchio furono tante e pesanti, e c’era addirittura chi si spinse a sostenere che con quella decisione si volle favorire la contrada di Stalloreggi in quanto a digiuno da 30 anni. I disordini scoppiati nel dopo corsa, minimizzati dal solito cronista che parla di qualche innocuo scapaccione, furono sedati a fatica dalle forze dell’ordine e, solo una volta che la calma fu ristabilita, si procedette a calare il Palio ai panterini festanti che, però, si trovarono costretti ad uscire da Piazza con la scorta dei carabinieri e non poterono neppure recarsi ad omaggiare la Madonna di Provenzano, poiché, per motivi di sicurezza, fu ordinato loro di andare a cantare il Te Deum solo il giorno successivo, una volta acquietati gli animi.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 2 LUGLIO 1671

Messaggio  jabru Mar Giu 29, 2021 8:16 pm

Iniziamo oggi, per terminare venerdì, un breve ciclo di racconti di storia paliesca relativi ad alcune carriere di Provenzano, più o meno lontane nel tempo, in modo da accompagnare i nostri lettori in questi quatto giorni di “non” Palio di luglio.

Quello del 2 luglio 1671, è uno dei pochi Palii di quel periodo sui quali possediamo notizie certe riguardanti contrada e fantino vittoriosi, ma anche su determinati avvenimenti accaduti durante la festa. Sappiamo senza alcun dubbio che otto furono le contrade che aderirono a quella carriera, ma non tutte, alla fine, vi presero parte; successe infatti che, alcune di esse, misero in atto una surreale protesta al momento dell’assegnazione dei cavalli. Terminate le prove di selezione dei barberi, che a quel tempo si svolgevano presso il prato di Camollia, alcune consorelle evidenziarono all’autorità preposta tutti gli svantaggi nel dare in sorte solo i cavalli e non anche i fantini, ma tale singolare rimostranza non fu neppure considerata. Così, Istrice, Nicchio, Civetta ed Oca, revocarono subito l’iniziale adesione, lasciando le sole Lupa, Leocorno e Torre a partecipare. L’Onda, inizialmente tra le contrade “ribelli”, tornò sui suoi passi, dichiarando di voler correre. Nel frattempo, Giraffa e Chiocciola si erano aggiunte alle partecipanti, così la carriera venne corsa da sei contrade e fu vinta dall’Onda con il fantino Domenico da Barberino detto Bacchino che per il suo successo ottenne il compenso di 40 lire, di cui 7 elargite in anticipo. La contrada di Malborghetto fu festeggiata da tutte le consorelle, con esclusione dell’Oca, rimasta infastidita dal ripensamento dell’Onda e, in quanto ritenuta rea di non aver mantenuto la parola data al momento del ritiro dell’adesione, non meritevole di ricevere i dovuti onori per la vittoria.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty 2 LUGLIO 1675

Messaggio  jabru Mer Giu 30, 2021 9:11 pm

Tre ipotesi per una carriera avvolta dal mistero.



Il Palio del 2 luglio 1675 è avvolto ancora oggi da un alone di mistero. Di sicuro, relativamente a questa carriera, c’è solo che il drappellone non fu assegnato ad alcuna contrada, ma incerti sono i motivi che portarono a tale decisione, vista anche la non concordanza tra le fonti storiche in merito. Alcuni autori, tra i quali l’Hercolani, ritengono che alla base della non assegnazione del Palio ci fu un grosso tumulto scoppiato, subito dopo la fine della corsa, tra i contradaioli della Lupa, il cui cavallo era transitato primo sul bandierino, e quelli della Spadaforte, che contestavano, supportati da altre cinque contrade, Gallo, Leone, Orso, Quercia e Vipera, la vittoria lupaiola. Tale veemente reazione fu, sempre secondo questi storici, presa come pretesto per dichiarare la soppressione delle suddette contrade. Tale ricostruzione è però da considerarsi fantasiosa, in quanto, nel 1675, le contrade che oggi conosciamo come soppresse avevano già da tempo terminato le attività paliesche, ed il loro territorio era stato inglobato in quello delle consorelle limitrofe. Una seconda ipotesi sui fatti del luglio 1675 ce la fornisce il Comucci, riprendendo un testo di Flaminio Rossi, che riporta di una violenta lite tra contradaioli dell’Onda e della Torre nel Mercato Vecchio a poche ore dall’assegnazione dei cavalli. La colluttazione fu così intensa che per sedarla venne chiesto l’intervento di un grosso numero di soldati e di birri. Nel corso degli scontri l’alfiere della Torre fu colpito a morte e, nei giorni successivi, molti protagonisti di quella rissa furono tradotti in carcere. Per questi motivi, la Biccherna dispose l’annullamento dell’imminente Palio di luglio ed ordinò di portare il drappellone a Provenzano come voto alla Vergine. Ma anche questa ricostruzione pare non trovare fondamento alcuno, visto che in nessuna causa criminale di quel tempo si ritrovano tracce degli incidenti sopra menzionati. Ma allora, come mai quel Palio fu annullato? La versione più plausibile mette nuovamente in gioco la Spadaforte, e ci dice che, una volta dati i cavalli ed allestita la Piazza, sorse una diatriba tra le contrade partecipanti vista la pretesa della stessa Spadaforte di tornare a presenziare tanto ai festeggiamenti quanto alla corsa del Palio. Le altre contrade non furono assolutamente d’accordo, ritenendo la Spadaforte indegna di essere definita una “vera contrada” vista la sua perdurante assenza dalla scena paliesca, finendo addirittura per chiedere, in caso di ammissione alla carriera, di non assegnarle alcun premio se essa fosse risultata vittoriosa. La Balia, per prevenire problematiche e tumulti, decise allora di annullare il Palio di luglio del 1675, ordinando alle contrade di riconsegnare ai loro proprietari i barberi avuti in sorte e disponendo altresì la consegna del drappellone alla chiesa di Provenzano.

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Storia del palio - Pagina 4 Empty LE CARRIERE DEL 14 LUGLIO

Messaggio  jabru Mar Lug 13, 2021 8:18 pm

Nei secoli scorsi, come abbiamo già visto in altri nostri scritti, ogni evento di rilevante importanza per la vita cittadina, o toscana in generale, era l’occasione giusta per correre il Palio, anche in date diverse da quelle canoniche. In alcune occasioni, erano invece i regnanti stessi della città che, per festeggiare al meglio compleanni o ricorrenze particolari, organizzavano sfarzosi festeggiamenti, tra i quali non poteva ovviamente mancare il Palio. Scorrendo gli annali palieschi notiamo come due carriere furono corse anche nell’inusuale data del 14 luglio, per celebrare il genetliaco del Granduca di Toscana Ferdinando II, il cui fratello, il principe Mattias, governatore di Siena sin dal 1629 e noto appassionato delle corse di cavalli nel Campo con la presenza delle contrade, nel 1641, ordinò di fare correre un Palio proprio il 14 luglio nel dies natalis dell’illustre consanguineo. La descrizione dei festeggiamenti di quel 1641 ci viene fornita, con dovizia di particolari, dal filologo Luca Olstenio, che indica in otto le contrade che corsero (Civetta, Giraffa, Lupa, Nicchio, Onda, Selva, Tartuca e Torre). Sempre dallo scritto dell’Olstenio apprendiamo che delle otto partecipanti, “ cinque caddero nella calata innanzi al Palazzo, et il Palio lo guadagnò la Torre”. Tre anni dopo, ancora su iniziativa del principe Mattias, si corse nuovamente, e per l’ultima volta nella storia, un Palio il 14 luglio. A partecipare, stavolta, furono sette contrade e ad uscire vincitrice fu l’Oca che, come nel precedente del 1641, aveva negato la sua partecipazione per delibera assembleare, ma che fu poi costretta a ritornare sui suoi passi, concedendo la propria adesione alla carriera, in quanto obbligata dalle autorità. Fu questo il primo successo ufficiale, dei 65 totali, riportato dall’Oca; dovettero però passare oltre tre secoli prima che il Comune lo riconoscesse ufficialmente nell’apposito elenco delle vittorie, attraverso una delibera di Giunta datata ottobre 1894, emanata a seguito di una richiesta pervenuta proprio dalle stanze della contrada di Fontebranda, i cui dirigenti chiedevano all’Amministrazione il riconoscimento di alcune vittorie, fino ad allora non avvenuto. Protagonisti del successo del 14 luglio 1644 furono un cavallo appartenuto a tale Ottorino da Grosseto, che per la prestazione del suo barbero intascò la non indifferente, per l’epoca, cifra di 60 lire, che fu montato da un certo Destrampo, fantino di cui non troviamo tracce ulteriori negli anni successivi, e sul quale, in mancanza di fonti certe, alcuni autori contemporanei pongono addirittura seri dubbi sulla veridicità del suo nome.

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