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Storia del palio

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 3 LUGLIO 1991 (SECONDA PARTE)

Messaggio  jabru Mar Gen 07, 2020 9:02 pm

Uberto e Cianchino riportano il cencio in Castelvecchio.



La sera del 2 luglio, quando il debuttante mossiere Amosi Cisi aprì la busta, non dovette certamente aver gioito per quanto la sorte aveva stabilito: l’ordine al canape (Montone, Lupa, Chiocciola, Tartuca, Civetta, Pantera; Onda, Selva, Leocorno e Nicchio di rincorsa), era tutt’altro che rassicurante e preannunciava una mossa laboriosa. Dopo pochi minuti infatti, fu chiaro l’intento delle varie rivali presenti, con la Chiocciola decisa ad ostacolare in ogni modo la Tartuca, facendo in alcuni casi pure ostruzione sulla rincorsa, ed il Nicchio immobile fuori dal verrocchino finché il Montone non si fosse trovato fuori posto. Ma, se i tentativi di Falchino sortirono qualche effetto, Etrusco, al primo posto, sembrava una statua di sale, e con il passare del tempo Cisi si trovò di fronte ad una situazione sempre più ingessata e senza via di uscita, impossibilitato altresì a far cambiare la busta fintantoché non ci fosse stata almeno una mossa falsa e, con il sopraggiungere dell’oscurità, dopo oltre un’ora e mezzo di stallo, l’esposizione della bandiera verde alle trifore di Palazzo, con conseguente rinvio del Palio al giorno successivo, fu l’unica soluzione possibile. La notte tra il 2 ed il 3 fu assai infuocata, tra accese discussioni tra i contradaioli mentre, all’interno del Comune, in una riunione fiume tra i Capitani ed il Sindaco, convocata d’urgenza, venne presa la decisione di non modificare l’ordine al canape, non sussistendone i criteri regolamentari, pur essendo venuto meno requisito il requisito della segretezza dell’ordine stesso. Così, alle ore 18 del 3 luglio, in una Piazza piena solo per metà, e con l’inconsueto scenario del palco delle comparse popolato da monturati…senza montura, in quanto non venne ripetuto il corteo storico ma solo la sbandierata finale, si ricominciò da dove ci si era fermati 25 ore prima. Il tempo di una mossa falsa, (forse pretesto per un ipotetico cambio di busta?) ed il Nicchio finalmente entrò. La Lupa, grazie alla superbe doti di partente del Bufera, schizzò in testa, seguita da Civetta Pantera e Montone, mentre Falchino ostacolò palesemente Cianchino, prendendolo pure per il giubbetto, e relegando la Tartuca nelle posizioni di retrovia. Al primo giro a San Martino, la caduta di Chartreuse fu fatale anche per il Montone con Etrusco che inciampò nei finimenti che aveva perduto al cavallina della Pantetra. Al Casato, il Palio era divenuto una questione a tre, tra Lupa, Civetta, che stava facendo una gran corsa con il modesto Nicoleo, e Tartuca, che si era divincolata dalla morsa della Chiocciola che cadeva al secondo San Martino assieme a Nicchio, Selva ed Onda. Al secondo Casato l’ormai esausto Nicoleo dovette cedere il passo al più potente Uberto che mise nel mirino la Lupa che conduceva ancora, ma con un vantaggio che diminuiva metro dopo metro. Girato San Martino, Cianchino tentò l’attacco finale, prendendo una traiettoria impossibile, a ridosso dello stecconato, che solo con un cavallo duttile e maneggevole si poteva osare senza rischiare di sbattere nel colonnino del Casato; il Bufera, vistosi infilato di dentro, tentò la carta della disperazione, riprendendo in mano Careca per tentare il contro sorpasso interno, ma la Tartuca si era già involata verso il bandierino per il successo che, dopo un digiuno di 19 anni, apriva per la contrada di Castelvecchio, un ciclo d’oro fatto di ben 7 vittorie in 18 anni.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty LA CARRIERA DI VERIFICA

Messaggio  jabru Gio Gen 09, 2020 9:35 pm

Tra gli episodi più singolari della storia del Palio rientra senz’altro quello accaduto a margine della carriera di luglio del 1809. In quel Palio era favorita l’Oca che aveva avuto in sorte il miglior barbero del lotto e lo aveva affidato all’esperto Piaccina. I dirigenti di Fontebranda, vogliosi di rivalsa dopo la vittoria della Torre nello straordinario del 14 maggio, avevano predisposto tutto per un facile successo, ma non avevano fatto i conti con Scricciolo, il debuttante fantino di Salicotto che, per nulla intimorito dal prestigio del collega, la sera del Palio, riservò a Piaccina un trattamento particolare, infastidendolo durante la mossa e trattenendolo al momento dell’abbassamento del canape. Gli ocaioli, ovviamente, non la presero bene, e per dare alla città una dimostrazione di quella superiorità non vista sul Campo, chiesero alle autorità il permesso di disputare una corsa a due con il Leocorno, che era uscito vittorioso la sera del 2 luglio. La mairie consentì la disputa di questa carriera, senza però mettere in discussione la legittimità della vittoria del Leocorno, e questo Palio, detto di verifica, si corse il 5 luglio e si concluse con la netta vittoria dell’Oca. E mentre Biggeri, fantino del Leocorno e dominatore della Piazza pochi giorni prima, fu fischiato ed insultato e dovette addirittura uscire in fretta e furia dal Casato prima di aver compiuto i tre canonici giri, Piaccina fu portato in trionfo dagli ocaioli che celebrarono questa particolare vittoria con grandi festeggiamenti, ma senza il cencio che, naturalmente, rimase in Pantaneto.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty LE CARRIERE DEL 600 TRA MISTERO E REALTÀ

Messaggio  jabru Lun Feb 10, 2020 10:11 pm

Le carriere fino al 1691 sono circondate da un alone di mistero a causa della pochezza di documenti giunti sino a noi.
Orlando Papei sul suo sito www.ilpalio.org, senza avanzare alcuna pretesa, ha provato a far un po' di chiarezza, basandosi esclusivamente su documenti coevi reperiti in vari archivi.
Va premesso che i verbali delle vittorie e il relativo carteggio sono stati redatti dai cancellieri di Biccherna solo a partire dal 1692, ignorando quelli di tutte le Carriere disputate in precedenza, a partire dal 1633 anno in cui è documentato il primo Palio “alla tonda”.
Dal 2 luglio del 1692 disponiamo così di una fonte ufficiale di notizie, la cui piena attendibilità è appena sfiorata dalla negligenza di qualche cancelliere di Biccherna.
Non altrettanto sicuri sono i cenni esistenti sui Palii anteriori al 1692, che raramente sono suffragati da documenti certi e inoppugnabili. Infatti, i testi che analizzano il Palio di questo periodo, sono stati scritti a distanza di molti anni da autori (Zazzeroni, Lisini, Grassi, etc.) che hanno usato più la fantasia del rigore storico e che troppo frequentemente hanno attinto da manoscritti non originali, spesso elaborati da autori vissuti nei secoli successivi al Seicento.
A tal proposito, citiamo: Alessandro Bandiera che nacque nel 1699; l'abate Agostino Prov[v]vedi nel 1746; Antonio Bandini nel 1759; Giusto Gagliardi nel 1768; Antonio Aurieri nel 1788; il Conte Antonio Hercolani probabilmente sul finire del Settecento; Flaminio Rossi nel 1808; Silvio Burgassi nel 1828 e Alberto Comucci nel 1862.
E’ certo comunque che nel periodo esaminato (1633-1691), il Palio non veniva effettuato con la regolare cadenza di due volte all'anno come oggi, ma piuttosto era organizzato in occasione di festeggiamenti, celebrazioni e ricorrenze.
Soltanto nel 1656, stando a quanto riportato dal Collegio di Balia, ma più correttamente nel 1659, quando una delibera della Biccherna accettò la proposta dei Deputati della Festa di Provenzano, venne stabilito che il Palio venisse corso ogni anno, il 2 di luglio, mentre per la regolarità di quello di agosto si dovrà addirittura attendere i primi dell'Ottocento.
Come è noto, esiste anche un Albo delle Vittorie compilato dal Comune di Siena, ma anche questo è sostanzialmente frutto degli stessi manoscritti, piuttosto che di ricerche originali. L’Albo è stato più volte aggiornato a seguito di alcuni solleciti presentati a suo tempo dalle Contrade, allorché sono emerse inedite notizie, alle quali lo stesso Comune ha voluto aderire, ma non sempre.
Infatti ad oggi sono ancora pendenti alcuni riconoscimenti richiesti dalle Contrade, primi fra tutti in ordine temporale quelli presentati dall'Onda nel 1891 e dalla Tartuca nel 1895.
Alcune difficoltà sono sorte riguardo all'identità dei fantini vittoriosi di questo periodo: ad eccezione di quello della Torre (Palio del 1656), del Leocorno (1664), dell'Onda (1666, 1669 e 1671), dell'Oca (1673) e dell'Istrice (1688), non si sono trovati dei veri riscontri, e per quanto concerne i nomi di coloro che vengono indicati nelle pagine della prolifica bibliografia paliesca, potrebbero essere soltanto frutto della fervida immaginazione di sedicenti storici che, guarda caso, hanno sempre omesso di fornire le fonti di provenienza delle notizie.

Si ringrazia Orlando Papei per la gentile collaborazione.
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Storia del palio - Pagina 3 Empty 3 LUGLIO 1978

Messaggio  jabru Lun Feb 24, 2020 8:08 pm

Bastiano ed Urbino trionfano nella carriera delle new entry.

Il Palio del 3 luglio 1978 rimarrà nella storia per essere stato un crocevia importante per la nostra festa: in quella carriera infatti si affacciarono prepotentemente nuovi protagonisti, uomini e cavalli, che di lì a poco avrebbero pesantemente lasciato il loro segno, mentre altri, per motivi differenti, talvolta anche drammatici, lasciarono la scena paliesca. Tra di loro l’apprezzato mossiere Atanasi, deceduto ad inizio anno, che fu sostituito dal giovane Carlo Palmieri, all’epoca starter delle regolari, che per 4 carriere fu il padrone, per altro non molto gradito dai contradaioli, del verrocchio. Fu quello, inoltre, il Palio dei grandi colpi di scena, il primo dei quali accadde alla tratta, quando i capitani, dopo una lunga discussione, decisero di scartare sia Panezio che Rimini. I cavalli più attesi toccarono quindi alla Tartuca, che si portò in stalla Quebel, affidato poi a Canapino, alla Lupa ed alla Chiocciola che presero i chiacchierati Saputello ed Utrillo, per i quali furono inizialmente scelti Liscio e Valente, ed alla Selva con il promettente Urbino, montato dal giovane esordiente Silvano Vigni. Meno accreditate per la vittoria erano il Drago con Valeria e Grinta, la Torre con Umorista e Spillo, il Montone con Tornado e l’esordiente Cianchino, l’Onda con Timone ed Ercolino, l’Oca con Teseo II ed Aceto, la Pantera con Tessera e Bazzino. Le prove non furono prive di emozioni: nella prima, Valente, poco prima dell’ingresso di San Martino, affiancò e disarcionò Canapino da cavallo, episodio che fece scaturire violenti scontri tra chiocciolini e tartuchini. La questione non passò inosservata, tantoché la Giunta Comunale, riunitasi d’urgenza nella notte, squalificò, attraverso la procedura all’articolo 100 del regolamento, lo Zedde per il Palio in corso, e la Chiocciola dovette optare per un altro esordiente, Francesco Congiu, poi soprannominato Tremoto. Per la prova generale le cadute con conseguenti infortuni di Liscio e Spillo, cambiarono il Palio di Lupa e Torre che dovettero sostituire, a poche ore dalla carriera i rispettivi fantini: in Vallerozzi approdò pertanto Galletto, in Salicotto fece il suo esordio Albo Corchia detto Primula Rossa. La sera del 2 luglio, mentre il corteo storico sfilava sul tufo, un violento acquazzone rese impraticabile la pista, costringendo al rinvio della carriera al giorno successivo. La mossa di quel Palio fu alquanto convulsa ed occorse oltre mezz’ora prima che Palmieri riuscisse, non senza difficoltà, a trovare l’allineamento giusto. Onda e Selva furono le più svelte ad uscire dai canapi, incalzate dal Montone mentre, nelle retrovie, Aceto si “prendeva cura” del Corchia buttandolo in un palco e Canapino partiva attardato compromettendo le sue possibilità di vittoria. A San Martino il Manzi allargò vistosamente consentendo alla Selva di passare in testa, seguita da Montone e Chiocciola. Furono così tre fantini esordienti a giocarsi il drappellone di Marco Antonio Tanganelli. Bastiano, con la maestria di un veterano, e sfruttando la potenza di Urbino, respinse tutti gli attacchi di Tremoto e, dopo la sua caduta al secondo San Martino, di Cianchino, riportando così il cencio in Vallepiatta dopo 4 anni. Al termine di quel Palio nacquero così due stelle, quella di Urbino, destinata purtroppo a brillare per poco tempo nel firmamento del Palio, e quella del giovane Bastiano che, almeno fino al 1983 riuscì, con le sue ripetute vittorie, a diventare il più grosso rivale del grande Aceto.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 AGOSTO 1949

Messaggio  jabru Lun Mar 09, 2020 7:43 pm

La carriera del 16 agosto 1949 vide come protagonisti due fantini, uno, il Biondo, plurivittorioso in Piazza, e l’altro, Amaranto, alla ricerca del primo successo alla diciottesima presenza sul tufo. La voce popolare che girava in città in quei giorni di Palio, voleva che quella fosse proprio la volta buona per Amaranto, che correva nella Torre su Mistero. Oltre alla contrada di Salicotto, la tratta pomeridiana (le batterie furono posticipate alle 14.30 a causa di un acquazzone mattutino), favorì il Nicchio con Salomè, poi affidato al quasi esordiente Tirone, la Pantera con Piero e Ranco e la Chiocciola con Noce e Bazza. Sembravano avere minori chance di vittoria il Leocorno con Marco Polo e Zanna, la Selva con Fato e Terribile, la Tartuca con Eraldo II e Tripolino, l’Istrice con Anita e Pietrino, l’Oca con Bianchinetta e Ciancone. Infine c’era la Civetta, che ebbe in sorte Popa, promettente cavalla di Dedo Pianigiani che, fino alla caduta del suo fantino al secondo Casato, stava disputando un grande Palio all’esordio nel Montone nel luglio precedente e che, in quell’agosto, con l’Arzilli in groppa, acquistava sempre maggiore credibilità, tanto da vincere 5 prove consecutive, dalla seconda alla provaccia, diventando così un’osservata speciale per tutti gli avversari. E la sera del Palio, infatti, l’accoppiata civettina faceva davvero paura, tanto da ricevere un trattamento speciale, sia al canape che in corsa. Al momento dell’ingresso del Nicchio di rincorsa, al termine di una mossa lunga e nervosa, l’Arzilli prese una cavallata da Ivan nella Selva, rimanendo praticamente fermo, mentre Oca, Leocorno e Torre furono le più svelte ad uscire dai canapi. A San Martino sfilò primo il Leocorno ma i sogni di gloria del debuttante Zanna durarono fino al Casato, quando fu la Torre a guadagnare la testa. La gioia del primo successo per Amaranto sembrava ormai cosa certa ma, all’inizio del terzo giro, la Civetta riuscì a sfuggire dalla marcatura di Pietrino, superando di slancio due contrade e venendo a concludere i tre giri con molti colonnini di vantaggio sulle altre. Per la Civetta quella fu la terza vittoria dalla ripresa del Palio dopo lo stop per la guerra. Interessante, però, fu anche ciò che accadde nei giorni successivi la corsa: gli istriciaioli, infatti, espressero diverse perplessità sulla corsa di Pietrino, più intento, a parer loro, a fare da tappo per favorire la fuga della Torre, che a tirare a vincere. Per tutta risposta, Pietrino inviò al priore di Camollia una lettera e, con queste parole, provò a spiegare il proprio operato: “…come fantini siamo considerati poco, ma anche noi siamo uomini di carne ed ossa e come gli altri, e più degli altri, sottoposti ai capricci della fortuna. Ricordatevi ancora che ogni fantino vuole vincere se non altro per il suo personale interesse e che nessuno viene a Siena a rischiare la vita per cambiare aria o per sentire cantare stornelli che, anche se fanno piacere, non riempiono lo stomaco. Lavoriamo anche noi per guadagnare un sudatissimo pezzo di pane”.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty Pedro

Messaggio  jabru Lun Mar 16, 2020 8:54 pm


Il ricordo di Roberto Petroncini, scomparso pochi giorni fa.



L’odierno appuntamento con la storia del Palio è dedicato al ricordo di Roberto Petroncini detto Pedro, fantino dei primi anni ’80, venuto a mancare la scorsa settimana a causa di un incidente domestico. Sebbene abbia corso solo 2 carriere, quella di Pedro è stata una presenza costante sul tufo per oltre un ventennio, disputando circa una quarantina di batterie, durante le quali ha fatto ben figurare tanti cavalli, alcuni dei quali sono poi stati scelti dai capitani (tra di essi ricordiamo Teseo II, Utrillo, Valet, Torquato Tasso, Cassius, Ciriaco).

Natio della provincia bolognese, Pedro fece la sua prima esperienza sul tufo nell’agosto 1975, montando per la tratta Fort Speedy poi, dopo 5 anni di gavetta, ebbe la possibilità di disputare una prova: nell’agosto 1980, infatti, il Nicchio gli fece correre la terza prova sul “mitico” Putnik. L’anno successivo, fu quello buono per Pedro: entrato nelle mire della Civetta, capitan Danilo Nannini lo fece esordire, alla non giovanissima (almeno per un fantino) età di 37 anni, nel Palio di luglio sul modesto Ultor che, di fronte ai vari Panezio, Rimini, Uana e Valsandro, aveva ben poco da dire. Ma la carriera di Pedro fu tutt’altro che insignificante e fu caratterizzata da un grande ingresso al primo San Martino, sfruttando il viottolo basso, che permise alla Civetta di superare almeno 3 contrade, e da un bello scambio di nerbate, al secondo giro dopo la Fonte, con il Bersaglia nel Leocorno su Uana, così da meritarsi la riconferma ad agosto, quando alla Civetta toccò Kamasutra, unico purosangue in un lotto di mezzosangue, per lo più scadenti. Le chance di vittoria per la Contrada del Castellare erano tante, ma la corsa di Pedro fu breve e sfortunata: uscito male dai canapi, riuscì a girare in terza posizione a San Martino, sfruttando ancora le traiettorie basse. Superato da Marasma nell’Onda, Pedro, che nel frattempo stava rinvenendo forte, restò coinvolto nella caduta provocata proprio dallo stesso Marasma, al Casato, finendo addosso ai tanti cavalli rimasti scossi. Perdro riuscì comunque a rimontare a cavallo e, seppur staccato di un giro, proseguì la sua corsa, facendo, durante il terzo giro, quasi da battistrada ad Ercolino che, nel Nicchio, si stava apprestando a vincere il Palio. Nel luglio 1982 la Civetta uscì a sorte e la tratta la favorì con l’assegnazione di Uana, sulla quale Pedro disputò le prime tre prove, per essere poi rimpiazzato da Tremoto. Fu quella l’ultima apparizione con un giubbetto di contrada di Roberto Petroncini che, comunque, continuò a gravitare in Piazza del Campo fino allo straordinario del 1986 quando montò due  batterie su Astri della Mara.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty Il cappotto di Mezzetto scuffia l’Istrice

Messaggio  jabru Lun Mar 23, 2020 7:29 pm

La vittoria dell’Istrice nel Palio di agosto del 1956 fu frutto di uno dei più grandi capolavori di strategia paliesca dell’epoca, posto in essere non tanto dai dirigenti, quanto dai fantini. Negli anni precedenti erano state “scassettate” due preziose casseforti: quella della Selva che non vinceva dal 1919, e quella del Bruco, a secco dal ’22. Era perciò arrivato il turno della nonna Istrice, a digiuno dal 1935 e, quando la sorte portò in Camollia la divina Gaudenzia, i fantini, soprattutto quelli del “monte dei Maremmani” (gruppo di fantini provenienti dalla Maremma toscana e laziale) presero subito la palla al balzo, definendo, quasi per intero, monte e strategie. Fu così deciso che a montare Gaudenzia dovesse essere Ciancone che, dopo la prima prova, andò a soffiare il posto a Tristezza, fantino non ben visto dal “monte”, e che dovette poi accontentarsi della monta della modesta Santuzza nella Pantera. Gli altri due barberi favoriti, Tanaquilla ed Archetta, toccati rispettivamente a Nicchio ed Onda, furono affidati a Vittorino ed a Rondone, entrambi consapevoli che la loro non sarebbe stata una carriera a vincere. Ma quando tutto sembrava ormai pronto per un altro successo del Gentili, durante la seconda prova accadde l’inaspettato: Ciancone infatti cadde e si infortunò seriamente. L’Istrice decise di sostituirlo con Lazzero, ma fu lo stesso Ciancone, dal letto di ospedale, a suggerire il nome di Mezzetto, vincitore per l’Aquila nel luglio precedente, che fu prelevato proprio dalla contrada del Casato dove, guarda caso, salì Terribile, altro fantino facente parte del sodalizio dei maremmani. La sera del Palio si andò al canape nel seguente ordine: Pantera (Santuzza e Tristezza), Onda (Archetta e Rondone), Montone (Roccalbegna e Lampino), Istrice (Gaudenzia e Mezzetto), Chiocciola (Signorina e Romanino), Bruco (Susina e Rompighiaccio), Nicchio (Tanaquilla e Vittorino), Giraffa (Belfiore e Biondo, all’ultima apparizione della sua lunga e vincente carriera), Civetta (Velka e Bazza), ed Aquila (Ravi II e Terribile) di rincorsa. Lo spunto in partenza di Mezzetto, che alla Fonte aveva già perso lo zucchino, indirizzò sin dai primi metri quel Palio; dietro di lui Onda e Nicchio, mentre la Civetta restò girata e partì in grave ritardo. Rondone provò ad insidiare Mezzetto che rispose con una bella parata all’altezza del primo passaggio dal bandierino. Le posizioni rimasero invariate fino al terzo San Martino, quando la Civetta, che aveva compiuto un gran recupero dopo partenza infelice, infilò di dentro l’Onda, causando la caduta di Rondone. In seconda posizione passò il Nicchio ma Vittorino poco fece per raggiungere un’ormai stanca Gauidenzia (causando tra l’altro il malumore dei nicchiaioli nel dopo corsa), che Mezzetto portò senza neppure troppe difficoltà per prima al bandierino, realizzando il suo cappotto personale e permettendo all’Istrice di scuffiare. Nei giorni successivi Mezzetto, che da quella vincita incassò un’importante somma, decise, con un gesto di estrema generosità, di recarsi in ospedale a dare una mancia al Gentili che, tra l’incredulo ed il commosso accetto ben volentieri. Ma la commozione lasciò ben presto spazio alla rabbia ed alle imprecazioni quando, una volta aperta la busta, Ciancone si accorse che dentro c’era una cifra talmente irrisoria che nemmeno l’ultimo dei comprimari avrebbe meritato. E si narra che le urla del fantino di Manziana riecheggiarono per tanti minuti nelle corsie dell’ospedale…..

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 2 APRILE 1739

Messaggio  jabru Lun Apr 06, 2020 7:24 pm

La venuta a Siena del Granduca Francesco Stefano di Lorena, successore di Giovan Gastone, ultimo esponente di casa Medici, della moglie Maria Teresa d’Austria e del fratello Carlo, fu l’occasione per la disputa, il 2 aprile 1739, di un Palio straordinario, organizzato dalla Conversazione degli Uniti del Casino. Le notizie sulla corsa, messa a forte rischio da un violento acquazzone mattutino, e preceduta da un corteo, nel quale ogni contrada sfilò con una quarantina di uomini in costume, ma senza carri allegorici al seguito, sono scarse. Sappiamo solo che vi parteciparono Lupa, Torre, Aquila, Onda, Selva, Nicchio, Torre, Bruco, Chiocciola ed Oca e che ad aggiudicarsi il prezioso drappellone di broccato verde di 28 braccia fu il Bruco, con il fantino Antonio Crognolini detto Pettinaio. Molto più ricca la documentazione a nostra disposizione relativa ai festeggiamenti per la venuta dei sovrani ed alla scenografia allestita in Piazza per l’occasione. Il Campo, come si può ancora oggi vedere in un dipinto dello Zocchi, venne circondata da un porticato ligneo opera del Montucci; ad ogni sbocco fu costruito un arco trionfale, il più imponente, ideato da Antonio Donnini, doveva servire come ingresso per la famiglia granducale. Sotto i portici, furono eretti i palchi, sopra vennero costruite delle terrazze.

La corsa del Palio, come spesso accadeva all’epoca, non esauriva gli spettacoli in programma, che proseguirono, a sera, con una stupenda illuminazione della Piazza, alla quale presenziarono tutte le contrade con torce accese, e tale evento fu talmente gradito dai granduchi che, per goderselo al meglio e per complimentarsi con i protagonisti, scesero addirittura tra la folla. Il giorno successivo, gli eventi nel Campo proseguirono con la disputa di una pallonata organizzata dagli accademici dei Rozzi tra due squadre, una vestita in bianco, l’altra in rosso, che si presentarono in Piazza accompagnati da due carri allegorici, quello dei Bianchi, che entrò dal Casato, rappresentante Apollo all’ombra di una sughera contornato da ninfe, quello dei rossi, rappresentante il trionfo della dea Cerere, che entrò dal Chiasso Largo. Terminata la pallonata, la giornata di festa terminò con un evento più unico che raro da queste parti, vale a dire la riproduzione del Gioco del Ponte pisano, per mezzo di un ponte di legno costruito “nella pianata di fonte alla Gavina”.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 2 LUGLIO 1959

Messaggio  jabru Gio Apr 09, 2020 11:29 pm

Il Palio del 2 luglio 1959 diede la svolta alla carriera di un fantino, Saro Pecoraro detto Tristezza (che da pochi giorni ha spento 87 candeline) che sino ad allora aveva disputato belle ma sfortunate carriere, mettendosi in luce con barberi spesso di seconda fascia. In quell’occasione, Saro era invece uno dei gradi favoriti, montando Salomè per l’Aquila, assieme alla Chiocciola con Uberta e Solitario, al Leocorno con Tanaquilla e Biba ed all’Istrice con la vecchia Gaudenzia e Veleno. Ma il Palio non iniziò sotto i migliori auspici per Tristezza; alcune avvisaglie della drammaticità di quei quattro giorni si ebbero per la terza prova quando a fare le spese della scarsa abilità del mossiere Casilli fu Veleno, che cadde al canape e si infortunò seriamente, costringendo l’Istrice a ripiegare sul semi sconosciuto Giuseppe Vischetti detto Menghino. La mossa della quarta prova poteva dare la svolta definitiva a quel Palio: i fantini fiancarono, il canape rimase clamorosamente teso, ed a pagarne le conseguenze maggiori furono Biba, che cadde senza però riportare grosse conseguenza, lo stesso Tristezza, che si procurò diverse ferite, venne sostituito dal fratello Sorriso per le restanti prove, ma riuscì comunque a correre il Palio seppur malconcio e con un vistoso cerotto sul naso, e Metallina, la cavalla del Nicchio, che si infortunò e giunse al Palio acciaccata, pur risultando una delle grandi protagoniste di quella carriera. Tale ecatombe di cavalli e fantini portò a conseguenze estreme: il mossiere Casilli fu costretto a dimettersi ed il suo posto venne preso del Deputato della Festa Carlo Alberto Fagnani, nipote del grande mossiere di inizio secolo Venturino Benvenuti. Ma anche per Fagnani il compito non fu certamente agevole e la sera del Palio dovette addirittura ricorrere alla seconda busta. Un primo allineamento fu infatti annullato a causa della caduta al canape del debuttante Canapetta, che correva nell’Onda; i cavalli si lanciarono lo stesso al galoppo e furono fermati, con evidente ritardo, solo quando erano all’altezza di San Martino. La seconda busta vedeva al primo posto l’Aquila, con accanto la Chiocciola, poi Pantera (Velka e Rondone), Istrice, Oca (Rosella e Ciancone), Tartuca (Buriana e Terribile), Civetta (Nottolina e Giove), Leocorno, Onda (Dorico e Canapetta) e, di rincorsa il Nicchio (Metallina e Vittorino). La Chiocciola fu la più lesta ad uscire, seguita dall’Oca e dall’Aquila che, sfruttando traiettorie interne, girò San Martino in seconda posizione. In forte ritardo e fuori dai giochi la Pantera che si fece trovare girata al momento dell’ingresso del Nicchio. Il Palio divenne quindi un “affare di famiglia” tra le due sorelle Uberta e Salomè, con quest’ultima che, grazie all’abilità di Tristezza, riuscì a prendere la testa poco prima del secondo San Martino. La caduta del Solitario al secondo Casato spianò definitivamente la strada all’Aquila che vinse il Palio con molti colonnini di vantaggio sul Nicchio che disputò comunque una grande carriera, nonostante le precarie condizioni fisiche di Metallina.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 1855

Messaggio  jabru Mer Apr 15, 2020 7:30 pm

La decisione presa dall’amministrazione comunale di posticipare, se ci saranno le possibilità, le due carriere del 2020 per motivi sanitari, non ha precedenti nella storia del Palio, anche se qualche analogia con la situazione che stiamo vivendo la possiamo ritrovare nel 1855, anno anch’esso funestato da una grave epidemia, in quel caso di colera, che provocò oltre 30000 morti in Toscana e che indusse le autorità a disporre l’annullamento del Palio di agosto, sebbene a Siena non ci fossero state vittime. Il Palio di luglio, invece, si corse regolarmente, e fu una carriera dall’andamento assai movimentato che ebbe strascichi giudiziari che si protrassero per lungo tempo. Di fronte all’intera famiglia granducale, dopo una mossa giudicata dai cronisti dell’epoca sin troppo giovane, partirono bene Drago, Torre e Chiocciola, con quest’ultima che a suon di nerbate riuscì a conquistare la testa a San Martino, mantenendola per tutti e tre i giri. Il fatto che caratterizzò quel Palio avvenne però nelle retrovie: al secondo San Martino la Selva, che montava Gobbo Saragiolo, andò a dritto. Va detto come, in quei tempi, vedere cavalli rifiutare le curve era cosa abbastanza consueta, visto lo scarso addestramento dei barberi, ma il gesto del fantino insospettì assai i selvaioli, anche perché, una volta entrato in San Martino, Gobbo Saragiolo scese immediatamente, si tolse il giubbetto, indossò i propri abiti portati lì poco prima da uno dei suoi figli, ed abbandonò rapidamente la Piazza. Tale gesto indusse la dirigenza selvaiola a non pagare parte del compenso pattuito con il fantino che, per tutta risposta, il 17 luglio inviò alla Selva un’ingiunzione per ottenere le somme spettanti. La questione approdò così in tribunale: se la Selva metteva in risalto il dolo del Gobbo Saragiolo, egli, a sua discolpa, sosteneva di essere andato a dritto a causa delle nerbate ricevute da Buonino che correva nella Torre, versione confermata dallo stesso Buonino, chiamato successivamente a deporre. Ma la testimonianza decisiva fu quella di due contadaioli della Selva i quali, chiedendo spiegazioni al loro fantino sul suo operato, si sentirono rispondere una frase ormai entrata nella storia del Palio: ma che dovevo vincere per voi miserioni che mi davi 140 monete quando ne ho guadagnate 170? Il 15 febbraio 1860, a quasi 5 anni dalla carriera incriminata, si giunse a sentenza, con la quale si assolveva la Selva, condannando il Gobbo Saragiolo al pagamento delle spese processuali, pena poi confermata in appello. Come detto sopra, il Palio di agosto non fu corso, per tutelare Siena da un possibile contagio del colera. Con una delibera del Gonfaloniere affissa il 10 agosto si disponeva l’annullamento dei festeggiamenti di mezz’agosto ed anche dell’importante fiera di bestiame che si svolgeva fuori Porta Camollia, mentre fu svolta regolarmente solo la processione del cero del 14 agosto. La carriera dell’Assunta fu poi recuperata il 15 agosto dell’anno successivo e fu vinta dall’Onda.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty ACCADDE 100 ANNI FA

Messaggio  jabru Lun Apr 20, 2020 7:59 pm

Nell’attesa di conoscere se le carriere del 2020 potranno disputarsi, o se, ipotesi dolorosa, ma allo stato dei fatti altamente probabile, saranno definitivamente annullate, facciamo un salto indietro nel tempo di 100 anni esatti, fino al 1920, anno di grazia per Arturo Bocci detto Rancani, 5 volte vittorioso sul Campo ma che, per le sue grandi doti, avrebbe potuto conquistare un numero più alto di trionfi. Nel luglio di quel 1920, Rancani si impose per i colori del Nicchio, ponendo fine al digiuno che, per la contrada dei Pispini, durava da ben 19 anni, conducendo con autorità un Palio ben giostrato politicamente dalla dirigenza nicchiaiola. Al Nicchio era toccata in sorte la Scodata, nota anche come Mozza, vincitrice della carriera a sorpresa del ’19, che risultava quindi essere una delle grandi favorite assieme all’Onda con Esperta e Pirulino ed al Bruco con Giacca e Nello Magnelli. Vorticoso fu il valzer delle monte: l’Istrice rinunciò a Picino per montare Cispa, proveniente dalla Torre dove arrivò Moscone; Testina tornò nell’Oca, i vecchi Nappa, Zaraballe e Moro si accasarono rispettivamente nell’Aquila, nella Pantera e nella Selva. La Civetta, infine, scelse l’esordiente Guido Pipeschi. Il Palio, in forte dubbio sino all’ultimo a causa di un violento acquazzone mattutino, venne corso regolarmente e fu caratterizzato dal grande spunto in partenza della Pantera che, dalla rincorsa, prese la testa. Dopo San Martino, il Nicchio assunse il comando e si involò verso un’agevole vittoria. Da segnalare nelle retrovie le cadute di Bruco ed Istrice, quest’ultima avvenuta davanti alla Fonte, con Cispa che riuscì a rimontare ed a concludere la corsa a cavallo, e le numerose nerbate inflitte da Moscone a Testina, in una sorta di vendetta della Torre dopo il tradimento dello stesso Testina dell’anno precedente. Ad agosto Rancani fu mandato dal Nicchio nel Leocorno su Esperta, sebbene il grande favorito dopo la tratta fosse decisamente l’Istrice con Picino che, subentrato a Testina per la prova generale, era voglioso di rivalsa dopo la delusione di luglio, quando venne lasciato a piedi dalla contrada di Camollia. Molti fantini si misero a disposizione dell’Istrice, ben consapevoli di incassare una bella somma in caso di vittoria del Meloni, ed anche Rancani, in un primo momento, si accordò con il fantino di Canepina. Ma la cosa non piacque affatto ai lecaioli che, venuti a conoscenza delle intenzioni del loro fantino, subito dopo la passeggiata storica scesero in pista con intenti poco pacifici per fargli capire che non avrebbero ammesso tradimenti. Se questo sia stato o meno l’evento decisivo di quel Palio non è dato saperlo, fatto sta che Rancani disputò una carriera magistrale, tallonando per tutti e tre i giri l’Istrice per superarlo all’ultimo Casato, quando Picino assaporava già la vittoria e gli altri otto fantini pregustavano i tanti soldi che sarebbero senz’altro finiti nelle loro tasche. Questo sgarbo non fu ben accolto da Picino che, negli anni successivi, più volte si vendicò nei confronti del povero Rancani che, oltre a quelle del Meloni, dovette addirittura subire le ire di alcuni dirigenti di Pantaneto, sicuramente impreparati a sostenere le spese per una nuova vittoria nel giro di soli 13 mesi (il Leocorno infatti aveva conquistato pure il primo Palio dopo ripresa dopo la Grande Guerra, quello del 2 luglio ’19). Per Arturo Bocci detto Rancani fu questo non solo l’ultimo successo, ma anche l’ultima prestazione da protagonista. Tempo dopo, interrogato sui motivi che lo spinsero a non rispettare l’accordo con Picino, Rancani disse, non si sa quanto sinceramente, che preferì nell’occasione la gloria eterna della vittoria al vile ed effimero denaro.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 AGOSTO 1959

Messaggio  jabru Gio Apr 30, 2020 9:21 pm

Una delle carriere più emozionanti del XX secolo fu senz’altro quella del 16 agosto 1959, vinta dall’Oca di capitan Ugo Signorini con Tanaquilla e Ciancone al termine di una corsa combattuta ed incerta sino all’ultimo metro, che vide alternarsi al comando ben 5 contrade.

Oltre all’Oca, le altre favorite erano il Bruco con Salomè II e Mezzetto e la Torre con Uberta che fu inizialmente affidata a Vittorino. Nutrivano speranze anche l’Istrice con Briosa, che si affidò in extremis al Terribile, il Leocorno con la forte purosangue Sarna ed il debuttante Pennello, l’Aquila, con La Gigolette, regina delle corse in provincia e Tristezza, mentre meno accreditate erano la Tartuca con Tacomba e Menghino, la Giraffa con Gavottina e Solitario, la Civetta con Giacra e Giove e la Selva, con l’ormai vecchia Gaudenzia e Rondone.

Il primo momento topico di quel palio fu durante la seconda prova, quando Vittorino cadde al terzo giro a S. Martino. La sera stessa, contravvenendo agli ordini dei medici, il fantino della Torre decise di montare la prova ma, prima dello scoppio del mortaretto, scese dolorante da cavallo, lasciando di traverso Uberta e creando una situazione di potenziale pericolo. Ciancone, che stava provando a buona velocità, vi andò a sbattere contro e questo fu il pretesto per la presentazione di un esposto da parte dell’Oca contro Vittorino, reo secondo la dirigenza fonte brandina di aver messo in pericolo l’incolumità del proprio fantino. Le decisioni delle autorità comunali furono immediate e pesanti: il fantino torraiolo fu infatti squalificato, e nonostante le forti rimostranze della contrada di Salicotto, la Torre si trovò senza una monta sino alla provaccia, quando riuscì ad ottenere Biba dall’Istrice.

La sera del Palio, la mossa fu rapidissima e pressoché perfetta: al momento dell’entrata del Gentili di rincorsa, più contrade scattarono a ventaglio, ma a S. Martino girò in testa la Giraffa, seguita da Bruco, Torre e Leocorno, mentre la caduta dell’Istrice nelle retrovie, risulterà poi decisiva per l’andamento della carriera. Dopo il Casato, le posizioni cambiarono ancora, con il Bruco che a suon di nerbate, riuscì a superare la Giraffa dall’esterno ma il primo colpo di scena di quel Palio era vicino: davanti alla Cappella Mezzetto si ritrovò di fronte la scossa dell’Istrice, che la guardia Bruchi stava provando a ricondurre nell’Entrone, e che al passaggio di Salomè scartò verso la Piazza, infrangendo i sogni di gloria dei brucaioli. Si ritrovò così in testa il Leocorno, diversi colonnini avanti all’Oca, impegnata in una battaglia a colpi di nerbo con la Torre. Per la contrada di Pantaneto sembrava ormai fatta, ma il giovane Pennello non aveva fatto i conti con la mala sorte, che si concretizzò al terzo S. Martino, quando Sarna si infortunò improvvisamente, lasciando così via libera all’Oca che tagliò il bandierino a nerbo alzato per il primo ed unico successo di Ciancone in Fontebranda, proprio davanti ad Uberta scossa, che aveva disarcionato Biba all’ultimo Casato.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty IL TONO, TRIONFI E DECLINO DEL GRANDE SODALIZIO

Messaggio  jabru Lun Mag 11, 2020 7:16 pm

Il TONO, acronimo di Tartuca, Onda, Nicchio ed Oca, fu un accordo a 4 contrade, costituito in contrapposizione al sodalizio tra Chiocciola, Bruco e Torre, i “tre fratelli”, come si definivano in un noto stornello, che nei primi anni ’30 dominò quasi totalmente la scena paliesca. Già attivo nel 1928, quando le tre carriere di quell’anno andarono a Oca, Nicchio ed Onda, il TONO iniziò a macinare successi in serie dal luglio 1930 e, fino all’agosto 1934, data della sua traumatica dissoluzione, conquistò ben 8 Palii su 10, con esclusione di quello del luglio 1931, vinto dall’Aquila e quello di luglio 1934, vinto, dopo 41 anni di astinenza, dalla nonna Civetta, con l’importante aiuto da parte del TONO, più precisamente dall’Oca, il cui intervento risultò determinante nelle strategie. Il primo successo del TONO, come detto sopra, risale al 3 luglio 1930, quando ad alzare il nerbo fu Picino per l’Onda, montando Lina, a in una carriera di testa. Questo Palio segnò poi la definitiva rottura dei rapporti tra la contrada di Malborghetto e la Torre, sino ad allora alleate, causata dall’inaspettato passaggio del Meloni dall’Oca all’Onda che vanificò tutte le strategie a vincere della Torre. Ad agosto, il TONO si ripeté, a conclusione di una carriera rocambolesca che, fino all’ultimo San Martino, sembrava a favore della Torre. Ma l’accoppiata di Salicotto composta da Smania e Prosperina, caddero, si dice a causa di una bandierata di un ocaiolo sbucato dai materassi. Lo scatto finale della sorprendente Carnera, cavalla di mediocre valore, condotta dall’esordiente Ganascia, fece esultare la Tartuca e, di conseguenza, il TONO. Il sodalizio a quattro, conobbe il suo unico vero passaggio a vuoto nel luglio ’31, ma ripartì di gran carriera nel successivo agosto con la vittoria dell’Oca con Tordina e Bubbolino (nella foto in alto, il “cavallino” celebrativo) che ebbe la meglio sulla Civetta con Tripolino e sulla Giraffa con Ganascia, quest’ultimo pesantemente contestato dai suoi contradaioli nel dopo corsa. Ancora TONO il 3 luglio ’32, ed ancora Ganascia, stavolta nell’Onda su Gobba. Il fantino amiatino fu bravo a fermare a suon di nerbo a tutti gli attacchi di Napoletano della Chiocciola. Ad agosto, con la Torre con Gobba e Smania grande favorita, si dovette ricorrere alla terza busta prima di partire e, quando la mossa fu ritenuta valida, il TONO monopolizzò la corsa: Meloncino nell’Onda partì in testa, dietro di lui Tripolino e Ruello nel Nicchio e Bubbolino nell’Oca che facevano da tappo alle avversarie. Al secondo San Martino, il Nicchio sorpassò l’Onda e venne a vincere, “scortato”dalle altre due contrade. Il vero capolavoro del TONO avvenne nel 1933, con il cappotto della Tartuca; ma per Ganascia, che ambedue le volte montò Ruello, le due carriere non furono delle passeggiate: a luglio egli dovette fare i conti con il vecchio Picino nella Lupa, e la nerbatura a lui riservata dal fantino tartuchino passò alla storia e segnò negativamente i rapporti tra Ganascia e la famiglia Meloni. Ad agosto invece, furono prima Smania nel Montone, poi Tripolino, nella Lupa, a contendere la vittoria alla Tartuca.

La macchina da guerra sembrava inarrestabile, nessuno poteva immaginare che, di lì a poco, sarebbe calato il sipario sulla storia del TONO.

Davide Donnini da OKSiena - Prima parte -
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Storia del palio - Pagina 3 Empty LE CARRIERE ANNULLATE DEL 2020

Messaggio  jabru Ven Mag 15, 2020 7:44 pm

A Siena non si correranno i Palii del 2 luglio e del 16 agosto 2020. Non succedeva dagli anni della Seconda Guerra Mondiale. La decisione è arrivata ieri alla fine della riunione in Palazzo pubblico tra il sindaco Luigi De Mossi, il magistrato delle contrade, i Priori delle 17 contrade, il decano e il vice decano dei capitani. Ad annunciare l'annullamento è stato il magistrato delle contrade Claudio Rossi. Vista l'emergenza Coronavirus e le disposizioni sulla sicurezza, è stata fatta la scelta di non correre le due Carriere inizialmente rinviate ad agosto e settembre. L'attività nelle contrade riprenderà dopo la definizione di un protocollo tra comune e prefettura. Nella corso della storia della città il Palio non si è corso solo in occasione di eventi straordinari. La prima volta fu quella del 16 agosto 1723 per la morte del Granduca Ferdinando II di Toscana mentre nel 1855 fu annullato per l'epidemia di colera. L'ultima volta che a Siena non si sono corsi i Palii è stato nel 1940 e nel 1944 a causa della Seconda Guerra Mondiale.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty IL TONO, TRIONFI E DECLINO DEL GRANDE SODALIZIO (2ª PARTE)

Messaggio  jabru Mar Mag 19, 2020 7:24 pm

La decisione di annullare i Palii del 2020, dura da digerire ma, allo stesso tempo attesa ed inevitabile, costringerà i contradaioli ad un inverno infinito che si protrarrà per altri, interminabili, 13 mesi. Lo stop alle carriere di quest’anno non fermerà però i nostri appuntamenti con la storia del Palio che proseguiranno a cadenza regolare, per accompagnare i nostri lettori nell’attesa di rivedere il tufo in Piazza. Come abbiamo già fatto in occasione delle feste titolari di Valdimontone ed Oca, ripercorreremo una vittoria di ciascuna contrada nell’occasione della festa del patrono, mentre oggi proporremo la seconda parte della storia del TONO, quella riguardante lo scioglimento del grande sodalizio.

Il 1934 del TONO iniziò nel migliore dei modi: pur non risultando direttamente vittorioso, esso mise la sua impronta sul tanto atteso successo della Civetta, unica contrada che non aveva ancora trionfato nel XX secolo. Con l’aiuto del sor Ettore Fontani, che portò il fido Meloncino nel Castellare, la Civetta dominò la carriera, passando così la cuffia alla Torre, a digiuno dallo straordinario del 1910. Poteva una macchina dal meccanismo così perfetto incepparsi improvvisamente? La risposta a tale quesito ce la fornisce il Palio di agosto 1934 che, oltre alla fine del grande sodalizio, provocò serie conseguenze per le quattro consorelle che lo componevano, sia in tema di vittorie che per ciò che riguarda i rapporti tra di esse. Scartati per manifesta superiorità Folco e Ruello, i favori del pronostico spettavano pertanto all’Oca con Wally, all’Aquila con il quasi omonimo Aquilino ed alla Torre con Lina, che giunse però alla carriera in precarie condizioni fisiche a causa di un incidente durante le prove. Il TONO decise quindi di puntare sull’Oca, nella quale tornò il Meloncino, visto che il Nicchio aveva avuto in sorte Lampo, cavallo considerato, almeno nei primi momenti, di scarso valore, sul quale fu scelto Tripolino. Le prove dettero però un responso diverso e Lampo, in breve tempo, da brenna si trasformò in cavallo da Palio, e nei nicchiaioli la voglia di vittoria cresceva sempre di più. Ma nei patti quello doveva essere il turno di Fontebranda e, per non avere sorprese impreviste, il Nicchio scese Tripolino, da sempre fantino restio a scendere a compromessi, per montare il più “affidabile” Pietrino. Nonostante questa sostituzione, prova dopo prova, le pressioni del popolo dei Pispini sui propri dirigenti si fecero sempre maggiori così, in accordo con l’Oca, fu deciso un cambio di strategia: le due contrade avrebbero tirato a vincere seppure con il patto del nerbo legato e senza infastidirsi vicendevolmente. La sera del Palio fu proprio Pietrino a partire in testa seguito dall’Aquila. Tra le due contrade, iniziò subito una grande battaglia fatta di nerbate e sorpassi a ripetizione; l’Oca, partita male, recuperò terreno fino a portarsi alle spalle dei duellanti. Al terzo Casato si concretizzò il sorpasso definitivo del Meloncino, favorito anche dall’azione di disturbo di Pietrino nei confronti dell’Aquila. Ciò che successe nel dopo corsa è entrato nella leggenda: i nicchiaioli non gradirono affatto la prestazione di Pietrino che venne pesantemente punito ed i suoi abiti lanciati su un filo della luce nel rione, dove rimasero per molto tempo, finché non caddero per deterioramento, a perenne ricordo dello sgarro subito. Il TONO cessò così di esistere e tra Oca e Nicchio iniziò una fiera e sentita rivalità che permase sino agli anni ’60. Ma questa non fu l’unica conseguenza della traumatica rottura del TONO: tutte e quattro le contrade, infatti, iniziarono un lungo periodo buio, fatto di sconfitte clamorose (si ricordano quelle del Nicchio e dell’Oca con cavalli favoriti), purghe inaspettate come, ad esempio, la vittoria della Chiocciola nell’agosto ’38 con il malconcio Sansano, con la Tartuca favorita con Ruello, ma anche il successo della Torre nell’apparecchiata carriera dell’agosto 1939 ed anche lunghi digiuni che si interruppero solo dopo la guerra: la prima contrada a tornare al successo fu infatti il Nicchio, nel ’47 seguita, l’anno successivo, dall’Oca; fu poi il turno dell’Onda nel 1950 ed ultima la Tartuca nel 1951.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty LA FESTA DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

Messaggio  jabru Sab Mag 23, 2020 8:38 pm

L’11 giugno 1940 è una data fondamentale nella storia del Palio in quanto, in questo giorno, la nostra festa si fermò a causa della seconda guerra mondiale. L’annata paliesca del 1939 si era conclusa con la vittoria della Torre, ma il popolo di Salicotto non poté godersi a lungo i festeggiamenti: poche settimane dopo la vittoria di Giacchino e Ganascia, la Wehrmacht tedesca invase la Polonia; era il 1°settembre 1939 e quello fu l’episodio che innescò operativamente un nuovo conflitto mondiale. L’Italia, rimasta in un primo momento neutrale, entrò in guerra il 10 giugno 1940, con il famoso annuncio di Mussolini dal balcone di Piazza Venezia. A Siena, poche ore prima, si era tenuta l’estrazione delle contrade per il Palio di luglio ma, con una lettera inviata al Magistrato delle Contrade, il Comune, l’11 giugno, sospendeva il Palio, le feste titolari delle contrade e qualsiasi altra celebrazione fino al cessare dello stato di guerra. Nessuno, in quel momento poteva minimamente immaginare che prima di rivedere il tufo in Piazza dovessero passare quattro lunghi anni. Le contrade, in un primo momento si adeguarono alle disposizioni comunali e si limitarono a svolgere la loro classica attività di mutuo soccorso nei confronti dei contradaioli bisognosi ma, nel corso del 1941, chiesero di riprendere certi tradizionali appuntamenti come il giro di onoranze ai protettori. Nonostante i divieti imposti dal Magistrato, il Nicchio, per la festa patronale, uscì con una comparsa composta solamente da un tamburino, due alfieri ed il paggio maggiore. Questo esempio venne poi seguito da altre consorelle, e ciò indusse il Magistrato ad autorizzare il giro di onoranze per l’anno 1942, seppur in forma ridotta. Sempre in quell’anno, più precisamente il 30 giugno, in una Piazza del Campo priva di palchi e del tufo, sfilò la passeggiata storica, organizzata in onore dei delegati della gioventù europea delle nazioni alleate in visita a Siena. Ma lo spettacolo offerto non fu molto gradito dai senesi, tant’è che Duccio Balestracci nel suo ultimo lavoro sul Palio, l’ha definita come “una raggelante parodia di un fac-simile di corteo storico”, nel quale sfilarono addirittura le rappresentanze in costume dei vari paesi presenti. Qualcuno propose addirittura di festeggiare l’evento con la disputa di un Palio, ma la ferma opposizione delle contrade, impedì, fortunatamente, il tutto. Un palio un po’ sui generis in quel periodo fu effettivamente corso, in un luogo molto lontano da Siena, e molto diverso dalla Piazza del Campo. Il 16 agosto 1943 infatti, i prigionieri senesi del campo di smistamento 203 a Tunisi, sentendo nostalgia del Palio, inscenarono una sorta di carriera, chiaramente senza cavalli, ma con tanto di drappellone dipinto e di spennacchiere. Immancabile anche il mortaretto, ricavato con una tanica di benzina vuota. L’entusiasmo dei nostri concittadini fu tale che non venne ben gradito dai guardiani inglesi che, al termine della “carriera”, vinta dal Bruco, decisero di porre fine ai festeggiamenti provvedendo ad arrestare alcuni nostri concittadini reclusi. L’avvento dei combattimenti alle porte della città ed i rari bombardamenti che per fortuna risparmiarono il centro storico, ma non la periferia (noto quello del 23 gennaio che provocò 24 morti e la distruzione delle Basilica dell’Osservanza) resero il clima sempre più pesante e, come è sempre accaduto in questi momenti, Siena si rivolse alla Vergine con l’atto di offerta della città alla Madonna del Voto, avvenuto il 18 giugno 1944 al termine di una toccante cerimonia alla quale presenziarono tutte le autorità civili e contradaiole. Nel primo pomeriggio del 3 luglio 1944 le truppe marocchine, avanguardia della terza divisione di armata entrarono a Siena, accolti dal tripudio collettivo, dal suono di Sunto, di tutte le campane delle chiese, oratori di contrada compresi, senza spargimenti di sangue, vuoi per la modesta resistenza tedesca, vuoi per gli ordini impartiti dal Generale De Monsabert che, rivolgendosi ai propri soldati comandò di “tirare”, ma solo oltre il XVIII secolo. La cittadinanza si riversò nel Campo sventolando le bandiere delle proprie contrade che fecero pure la loro ricomparsa ai confini, come accade solitamente nei giorni di festa. Con l’avvento del 1945, infine, Siena provò a tornare alla normalità e la ripresa delle feste titolari precedette il tanto atteso annuncio del 26 maggio: la Giunta, in accordo con il Magistrato delle Contrade, stabilì la ripresa del Palio a partire dal successivo 2 luglio.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 agosto 1992

Messaggio  jabru Gio Mag 28, 2020 10:09 pm

Il Palio del 16 agosto 1992, quello delle tante favorite, fu vinto dall’accoppiata perfetta, Pytheos ed Il Pesse, un binomio affiatato, già vincitore 365 giorni prima e considerato dagli esperti pressoché imbattibile. Ma il successo del ’92 fu ben diverso, e decisamente più sofferto rispetto alla cavalcata trionfale a tempo di record dell’anno precedente per i colori della Pantera. Molte erano infatti le pretendenti al cencio di Mimmo Paladino dopo  la tratta, nella quale i capitani optarono per un lotto alto, scegliendo tutti i migliori cavalli presenti, ma anche alcune outsider non erano tagliate fuori dai giochi e recitarono un ruolo di primo piano nella carriera. Oltre al Drago, a sperare nella vittoria c’erano le due contrade a digiuno da più tempo, Bruco e Torre, che ebbero in sorte rispettivamente Galleggiante (che non fu però protagonista in corsa a causa delle sue precarie condizioni fisiche), inizialmente affidato a Massimino, ed Uberto, per il quale fu scelto nuovamente Aceto, di ritorno in Salicotto dopo la breve e sfortunata corsa dell’agosto ’90. C’era poi la Pantera, che sognava l’immediata ringollata all’Aquila con Figaro e Cianchino; buone chances anche per l’Istrice con il veloce Zucchero, inatteso protagonista a luglio, e Bonito, per il Montone con il difettoso ma assai potente Etrusco e Bazzino e per l’Onda con la chiacchierata debuttante Pinturetta e Cittino, che aveva però il compito di guardarsi dalla Torre. Più defilate, nei pronostici, la Civetta con Bambina e Trecciolino, la Chiocciola con Naomi e Bucefalo e la Lupa con Usilia e Bufera. Durante le prove, l’unico sussulto fu l’incidente che tolse di mezzo Massimino che, subito dopo la mossa della quarta prova, venne schiacciato allo stecconato e si provocò una frattura del piede, costringendo capitan Barducci a ripiegare su Bastiano, unico big fino a quel momento rimasto a piedi. La mossa del Palio fu rapida: tutte le favorite erano ai posti bassi, l’una accanto all’altra (Istrice secondo, seguito da Bruco, Torre e Drago), con Lupa ed Onda all’ottavo e nono posto che non avevano grossi margini di disturbo nei confronti delle rivali. La Pantera, di rincorsa, attendeva il momento propizio per entrare, che arrivò non appena l’Onda schiacciò tutti verso il basso, creando un ampio corridoio per Cianchino che, però non riuscì mai ad entrare nel vivo della corsa, anche a causa del colonnino del secondo San Martino che interruppe il suo tentativo di  rimonta. La più veloce a scattare dai canapi fu la Civetta, seguita da Istrice, Bruco e Torre. A San Martino, Trercciolino alzò tutti verso i palchi, consentendo a Bonito di sfilare in testa, seguito dal Drago che sfruttò un attimo di incertezza di Aceto per guadagnare posizioni. La caduta di Bastiano, causata da un cedimento degli anteriori del menomato Galleggiante mise invece fine anzitempo alla carriera del Bruco. Il Palio era quindi diventata una questione a tre, tra Istrice Drago e Torre, le altre non riuscirono mai ad interferire. Per un giro e mezzo Bonito riuscì con grande maestria a guidare Zucchero, respingendo gli attacchi del Drago, ma quando Pytheos azionò il turbo, il barbero grigio di Camollia non ebbe più nulla da opporre. Poco prima del San Martino finale infatti, il Pesse attaccò l’Istrice dall’esterno, passando agevolmente, mentre il contatto tra Bonito ed Aceto fece perdere metri preziosi alla Torre, anch’essa intenta nel sorpasso all’Istrice. I giochi erano ormai fatti e per l’accoppiata perfetta, a distanza di un solo anno, si rinnovò l’appuntamento con la vittoria, la quarta per Beppino Pes, la terza ed ultima per Pytheos, il sauro volante.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 30 GIUGNO 1942

Messaggio  jabru Lun Giu 01, 2020 8:22 pm


In uno dei nostri ultimi scritti, abbiamo accennato ad un particolare, forse unico momento della storia del Palio, vale a dire la sfilata del corteo storico in Piazza del Campo il 30 giugno 1942, per omaggiare i partecipanti ad un evento organizzato nell’ultima settimana di giugno a Firenze dal comando generale della Gioventù Italiana Littoria. Oggi andremo a scoprire più nei dettagli come si svolse quella giornata ed i retroscena relativi alla sua organizzazione.

La manifestazione culturale denominata Ponte Weimar – Firenze, vide la presenza nel capoluogo toscano di oltre mille giovani in rappresentanza della Germania, dei paesi dell’Asse e degli stati sottomessi al dominio tedesco. Per i partecipanti, il giorno 30 giugno, era programmata una “gita istruttiva” a Siena. Così, anche al fine di rendere più gradevole la visita agli ospiti e per far loro conoscere le nostre tradizioni, il Federale locale inviò al Podestà ed al Magistrato delle Contrade una lettera con la quale richiedeva l’effettuazione del corteo storico e di una sbandierata collettiva da svolgersi nel Campo. Il Magistrato si riunì in data 8 giugno, e da tale riunione emersero varie correnti di pensiero: se alcuni priori, per celebrare al meglio l’occasione, chiesero addirittura la disputa di un Palio, altri invece vi si opposero fermamente. Altri ancora, ritenendo inopportuna l’effettuazione del corteo, sia per l’orario insolito (la passeggiata, da programma, sarebbe dovuta entrare in Piazza a mezzogiorno), sia perché far sfilare il corteo storico senza il suo naturale epilogo, la carriera del Palio, sospesa per ordinanza podestarile per tutta la durata delle ostilità belliche, non avrebbe consentito di far emergere agli occhi degli spettatori stranieri il vero sentimento dei senesi, espressero parere negativo per l’intero evento. La scelta fatta dal Magistrato fu pertanto salomonica e fu così deciso per la sfilata del corteo, non nel Campo, ma in Piazza del Duomo, luogo considerato idoneo per l’effettuazione di una sbandierata collettiva delle contrade con la quale si sarebbe dovuta concludere la manifestazione. Quanto alla disputa della carriera, tale possibilità venne scartata sebbene, qualora il comando federale della Gioventù Littoria o le autorità l’avessero richiesta, le contrade, come non mancò di precisare il documento del Magistrato, non si sarebbero minimamente opposte. Ma la decisione degli onorandi non fu affatto gradita al Federale che rigettò categoricamente la location di Piazza del Duomo, considerata inadatta per l’evento. Era infatti accaduto che, probabilmente all’insaputa dei priori che pensavano di liquidare il tutto con una semplice sfilata delle comparse delle contrade e con una sbandierata di omaggio, il vice Podestà, di concerto con il Federale, aveva disposto di far sfilare il corteo nella sua interezza, con tanto di Carroccio. Il Magistrato si dovette quindi riunire una seconda volta, il 16 giugno, per discutere nuovamente; stavolta la decisione finale fu scontata: corteo da svolgersi nel Campo al gran completo, con la presenza dei Mazzieri, dei musici, del vessillifero della Balzana e dei Terzi e del Carroccio scortato dagli armigeri mentre, nelle comparse delle contrade si sarebbero dovuti aggiungere i soprallassi, che il Comune avrebbe provveduto a reperire. Così, sabato 30 giugno 1942, alle 12 in punto, accompagnato dai rintocchi di Sunto e preceduto dalla sfilata dei rappresentanti dei paesi ospitati, dalla Bocca del Casato, entrò il corteo che fu chiuso dalla sbandierata finale. Gli ospiti stranieri assistettero all’evento su alcuni palchi, appositamente montati, il popolo prese invece posto dentro la conchiglia. Lo spettacolo non entusiasmò affatto i senesi, ma fu assai gradito dai giovani visitatori, tant’è che la città ricevette una lettera di elogio da parte dei vertici della Gioventù Littoria ed un parziale rimborso delle spese effettuate, onde non gravare pesantemente sui bilanci comunali.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 AGOSTO 1983

Messaggio  jabru Ven Giu 05, 2020 7:30 pm

Messa, non senza polemiche e discussioni, in archivio l’infuocata carriera del 3 luglio, la Siena del 1983 che si apprestava a vivere i giorni del Palio di agosto, fu sconvolta da una tragica notizia, la scomparsa del capitano della Torre Artemio Franchi, avvenuta in un incidente stradale nelle campagne senesi nel pomeriggio della vigilia della tratta che, quasi come un fulmine a ciel sereno, gettò nello sconforto la città e l’intero mondo contradaiolo. Ma la festa doveva comunque andare avanti e la mattina del 13, dopo il minuto di silenzio richiesto dal sindaco Barni, per ricordare Franchi “con affetto e gratitudine”, si procedette all’assegnazione, ed a saltare furono Giraffa e Leocorno che, così come accaduto poco più di 40 giorni prima, si portarono nelle rispettive stalle Panezio e Benito, ed anche la Chiocciola con il potente Balente. La Lupa con Chicco de Ureco, la Tartuca con Ascaro, l’Onda con Paperino, l’Oca con Cassius, l’Istrice con Bramante, il Nicchio con Diciosu e l’Aquila con l’esordiente Brandano, sembravano avere minori chance di vittoria. Quattro contrade, la Chiocciola con Bazzino, l’Oca con Aceto, l’Istrice con Misdea e la Giraffa con Moretto, definirono subito le monte, per le altre la scelta fu più complicata: il Nicchio, dopo aver riproposto per due prove Ricciolino, optò per Musino, l’Onda si affidò a Nuvola, che aveva disputato la prima prova nell’Aquila, dove, alla fine, arrivò Cianchino. Bastiano, nel Leocorno, prese il posto di Bersaglia, ricomponendo su Benito l’accoppiata vittoriosa a luglio, Lupa e Tartuca, che per la prima prova fecero debuttare i giovani Maurizio Farnetani e Tonino Cossu scelsero poi Il Pesse ed Ercolino. Le mosse per le prove risultarono abbastanza complesse per il debuttante mossiere Fanucchi, chiamato in extremis in sostituzione del rinunciante Ulrico Ricci, ma nulla furono rispetto a ciò che egli dovette affrontare la sera del 16, anche a causa del comportamento di Ercolino intento, fin dai primi minuti ad operare una sorta di marcamento di disturbo nei confronti della Chiocciola, con Bazzino che, invano, cercava di divincolarsi dalla morsa dell’avversario. Come se ciò non bastasse, nella parte alta dei canapi, a creare scompiglio c’era l’Istrice, che impediva l’ingresso di rincorsa della Lupa. Dopo tre abbassamenti di canape, Il Pesse, fantino di contrada del Montone, in inverno avvicinato dalla Tartuca, entrò quando Bazzino salì verso il verrocchio per protestare con il mossiere. La mossa fu convalidata e, per la Chiocciola, partita in enorme ritardo, la corsa finì immediatamente. Giraffa ed Oca furono le più veloci ad uscire dai canapi,con Onda e Leocorno a seguire. A San Martino, la rovinosa caduta di Cassius favorì l’allungo della Giraffa, mentre l’Aquila riuscì a guadagnare la seconda posizione. Nelle retrovie intanto, Ercolino, che aveva ormai esaurito il suo compito di disturbatore, si fermò al Casato e scese da cavallo per fuggire di Piazza, lasciando libero Ascaro(e, per questo motivo, il Manzi subì la squalifica per quattro Palii), sul quale, al secondo giro si interruppero i sogni di rimonta dell’Istrice. La vittoria era ormai diventata una partita a due, ma il vecchio Panezio, alla veneranda età di 14 anni, non si lasciò mai avvicinare dal più giovane e promettente Brandano e, schivando i contradaioli di Chiocciola e Tarutca che si scambiavano opinioni sul tufo al Casato, tagliò per primo il bandierino, conquistando il suo ottavo ed ultimo successo, regalando al Moretto la sua prima vittoria e riportando il cencio in Provenzano dopo un’attesa di 12 anni.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 4 LUGLIO 1979

Messaggio  jabru Mer Giu 10, 2020 6:59 pm

Uno dei Palii più spettacolari, ma allo stesso tempo più drammatici dello scorso secolo, fu quello del 4 luglio 1979, contraddistinto dai continui capovolgimenti di fronte, dalle rovinose cadute e da un arrivo al fotofinish che vide coinvolte ben 5 contrade, racchiuse in un fazzoletto. Scelti tutti i bomboloni, tranne Urbino, per la prima volta scartato per superiorità, tante erano le contrade che potevano nutrire speranze di vittoria: c’era il Leocorno con Panezio e Liscio, c’era l’Aquila con Rimini, dove approdò Ercolino, dopo che per le prime due prove erano stati montati Tavoletta e Legno, ma anche il Nicchio con il potente Utrillo e Canapino, la Selva con Saputello e Bastiano, stessa accoppiata protagonista sfortunata nell’agosto precedente per i colori del Nicchio, mentre buone voci circolavano pure sull’inedito, almeno per la Piazza, purosangue Flash Royal, toccato al Drago ed affidato al Grinta. Chi invece non uscì molto soddisfatta da Piazza la mattina del 29 fu la Civetta che, per la terza volta, accolse nella propria stalla Quebel, lo specialista delle vittorie da scosso, ormai considerato vecchio e non più competitivo. Con Panezio in Pantaneto, per la contrada del Castellare si prospettava un Palio in difesa, ed in quest’ottica doveva essere vista la scelta di capitan Sabatino Mori di dirottare Ercolino a vincere nell’Aquila ed affidarsi al giovane ma talentuoso Tremoto. Completavano il lotto delle dieci al canape la Torre con Zirbo e Spillo, la Giraffa con Zurigo e Gringo, l’Istrice con Valet e Randa ed il Bruco con Uana de Lechereo che, causa guai fisici, giunse al Palio senza nemmeno aver disputato una prova, e Cianchino. Assente invece il re della Piazza, Aceto, costretto a scontare la squalifica subita dopo il Palio di agosto del 1973 e confermata in inverno al termine di un infinito iter giudiziario che arrivò sino alle aule del Consiglio di Stato. Dopo due giorni di attesa, con la pioggia che la fece da padrona, la sera del 4, il mossiere Carlo Palmieri, che tante critiche aveva avuto nel ’78, riuscì a dare una mossa veloce, e tutto sommato accettabile, grazie anche all’accordo tra Bastiano, al nono posto, e Randa, di rincorsa, che entrò immediatamente dietro la Selva. Il Drago fu il più pronto ad uscire dai canapi, con alle spalle Torre, Aquila e Leocorno. Le posizioni restarono pressoché invariate fino al Casato, quando avvenne il primo momento drammatico di quella carriera: la Torre allargò la traiettoria, andando a sbattere contro un palco, il cui sportello si aprì di scatto per il colpo subito e non poté essere evitato da Zurigo, cavallo della Giraffa, che ne subì le conseguenze più pesanti; la carambola che si creò causò pure la caduta, nelle retrovie, di Istrice e Bruco. Davanti, intanto, la Civetta guadagnava posizioni, tanto da superare il Drago al secondo San Martino, curva fatale per la Torre, che uscì definitivamente di scena. Il terzo giro, preceduto dalla caduta di Liscio al Casato, si aprì con il contro sorpasso del Drago nei confronti della Civetta, con Aquila, Selva e Nicchio che si avvicinavano pericolosamente. Decisivo per le sorti di quel Palio fu così il Casato conclusivo: Flash Royal ebbe un’esitazione, la Civetta si infilò al suo interno, il Nicchio andò all’esterno ma, proprio sul bandierino, il guizzo di Quebel fu quello risolutore, per la disperazione del Grinta, che vide sfumare a pochi centimetri dall’arrivo il sogno della sua prima vittoria. Il roano dei Savelli, al suo terzo sigillo in Piazza, il primo con il fantino in groppa, montato da un caparbio Francesco Congiu, riportò, dopo appena tre anni di digiuno il cencio nel Castellare, un drappellone fortemente voluto dal popolo civettino, in quanto dedicato a Cecco Angiolieri. Il dopo Palio fu burrascoso con scontri tra contrade in più parti della Piazza che proseguirono anche al suo esterno, e di alcuni di essi, in particolar modo quelli tra Bruco e Giraffa, conserviamo una documentazione audio in una mitica, appassionata ed in alcuni momenti sofferta cronaca di Tambus, divenuta ormai un mantra tra i contradaioli

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 AGOSTO 1930

Messaggio  jabru Ven Giu 12, 2020 8:43 pm

Qualche settimana fa, nei nostri articoli relativi al TONO, facemmo un breve accenno al Palio di agosto del 1930 che, nell’occasione della festa titolare della Tartuca che si celebrerà questo weekend, contrada uscita vittoriosa da quella carriera, vogliamo descrivere in modo più approfondito, visti i numerosi, inusuali episodi accaduti. Quel Palio fece scoprire al mondo contradaiolo la figura di un fantino destinato negli anni successivi a mettere un’impronta importante nella nostra festa, con 8 vittorie su 36 apparizioni sul tufo: Fernando Leoni detto Ganascia. Figlio d’arte (il padre, Domenico, disputò 18 Palii, vincendone 2 nella Torre e nella Selva), e ben “reclamizzato”dal babbo, Fernando fece il suo debutto assoluto per la terza prova di quel Palio di agosto, nella Tartuca, sostituendo Porcino su Carnera (nella foto in alto, nel giorno dopo la vittoria), cavalla che del grande campione pugilistico aveva solo il nome. Per il resto era considerato da tutti una grossa brenna dal fisico tutt’altro che atletico, tant’è che in molti la considerarono addirittura gravida. La prima esperienza piazzaiola di Ganascia non fu poi così incoraggiante e si concluse con una caduta, ma ciò non fece venir meno la fiducia dei dirigenti tartuchini nei suoi confronti, e la conferma fino al Palio fu cosa certa. E Ganascia, vero uomo di cavalli, seppe ricompensare al massimo la contrada, da prima riuscendo a capire che la cavalla non era in dolce attesa, bensì un po’ troppo sovrappeso e, grazie ad alcune appropriate cure, riuscì a restituirle una forma accettabile. Successivamente, provò a risolvere un altro, non secondario problema di Carnera, vale a dire la sua riottosità all’interno dei canapi. Così, assieme alla dirigenza, fu deciso di condurre in Piazza la cavalla per impegnarla in una prova aggiuntiva di mossa nella notte della vigilia del Palio. Ma il tentativo fu disastroso: la bisbetica Carnera disarcionò Ganascia, fuggì in libertà per il Corso e fece perdere le sue tracce, lasciando la Tartuca nello sconforto generale. Le ricerche della fuggitiva durarono tutta la notte e, solo al mattino successivo, quando la contrada era oramai rassegnata a non correre il Palio, Carnera fu ritrovata a pascolare in un campo fuori Porta Romana. Finalmente si giunse alla carriera che per la Tartuca non iniziò nel migliore dei modi a causa di una partenza infelice che relegò l’accoppiata di Castelvecchio nelle retrovie. Il vecchio Picino su Cinghialina, nell’Aquila partì in testa, con alle spalle Pirulino e Gobba nel Bruco e Canapino I su Lina nella Lupa. A San Martino fu Smania su Proserpina nella Torre che riuscì a prendere la testa e condusse la corsa con estrema tranquillità, fino all’ultimo San Martino quando Smania, si dice sbilanciato da una bandierata di un ocaiolo sbucato da dietro i materassi, cadde, trascinandosi dietro Bruco e, ironia della sorte, pure l’Oca. Passò quindi in testa la Lupa, ma la stanca Lina nulla poté di fronte alla forte progressione di Carnera che operò il sorpasso decisivo nella spianata. Il dopo corsa fu assai caotico con i torraioli delusi ed inferociti per l’esito della carriera che si riversarono in massa nel territorio della Tartuca, pretendendo il cencio, e gli scontri che seguirono provocarono la rottura dell’alleanza tra le due consorelle che durava da oltre 300 anni.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty Protocollo cavalli da Palio 2020, gli orari delle visite

Messaggio  jabru Ven Giu 19, 2020 8:04 pm

STORIA DEL PALIO: 17 AGOSTO 1980

Per la festa titolare del Leocorno, il racconto della vittoria con Uana ed Aceto, attesa da 26 anni.



Il Palio del 17 agosto 1980, che segnò il ritorno al successo del Leocorno dopo 26 ani di astinenza, merita di essere raccontato, non solo per i tre giri della carriera, ma anche per ciò che accadde per le prove e durante l’interminabile mossa del Palio. Assenti, così come a luglio, Rimini e Panezio, assieme ad Urbino, che ormai veniva continuamente scartato per manifesta superiorità, i migliori cavalli toccarono al Leocorno, che esultò per l’assegnazione di Uana, montata poi da Aceto, al Bruco, che ebbe in sorte la vincitrice di luglio, Miura, affidata a Cianchino ed alla Torre con Zalia de Ozieri e Spillo. Le esperte Tessera e Lamadina andarono rispettivamente nella Civetta e nella Pantera, montate da Ercolino e da Valente, Ascaro finì nella Chiocciola con il Faenza, mentre Arlem andò nel Montone con Tremoto. Completavano il lotto tre esordienti, Nibbio V, all’Onda, montato da Marasma, Umanità alla Giraffa con il Moretto ed il mitico Putnik, cavallo del Polacco che i capitani furono praticamente obbligati a scegliere a causa del basso numero di soggetti presentati la mattina della tratta, solo 15, alcuni dei quali in condizioni fisiche improponibili, che toccò al Nicchio, montato da Bastiano. Durante le prove la scena fu tutta per Nibbio che iniziò un vero e proprio rodeo fatto di riottosità e momenti di pericolosa irrequietezza e, in una prova del mattino, addirittura il barbero roano si impennò, finendo per incastrarsi nella stretta fessura tra gli steccati dove viene montata la “stella”che permette la tensione del canape. Questi problemi furono però sfruttati a pieno dalla contrada di Malborghetto, ed utilizzati, la sera del 17(il Palio fu rinviato di 24 ore per maltempo) contro la rivale Torre, in modo da ostacolarla in partenza.

Come detto sopra, la mossa del Palio fu infinita e caotica, e la sorte giocò un brutto scherzo al mossiere Ricci, posizionando le due coppie di rivali, Leocorno e Civetta e Torre ed Onda, l’una accanto all’altra (sebbene Ercolino poco fece per ostacolare Aceto) mentre, di rincorsa, la Giraffa, attendeva un momento di indecisione dall’allora avversaria Bruco per entrare. Marasma, favorito dalla posizione al canape, diede vita ad una vera e propria caccia all’uomo contro Camillo. Il fantino della Torre tentò ogni mezzo di difesa, usando il nerbo e provando a scendere verso il basso, ma quando il Moretto entrò, cogliendo il Bruco impreparato, l’Onda ostruì lo spazio alla Torre, impedendole di partire. Anche il Montone rimase fermo, mentre le più rapide a scappare furono Chiocciola e Nicchio, che duellarono fino al Casato, quando Faenza, entrando molto basso, impanciò Bastiano, che stava facendo un gran Palio con il poco apprezzato Putnik, dando così all’accoppiata di Pantaneto la possibilità di sfilare in testa. In breve, il Leocorno riuscì a guadagnare diversi colonnini sulle inseguitrici e, per Aceto, l’unica preoccupazione fu quella di evitare i numerosi ed imprevisti ostacoli che si trovò di fronte, sottoforma di oggetti vari lanciati dai pachi e dalla piazza, ma anche una nerbata di un torraiolo, sceso dal palco, all’ultimo San Martino.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 2 LUGLIO 1976

Messaggio  jabru Lun Giu 29, 2020 8:25 pm

Quella del 2 luglio 1976 è ricordata come una delle carriere più rocambolesche del secolo scorso, caratterizzata da cadute, incidenti e decisioni discutibili circa la disputa del Palio che suscitarono polemiche e contestazioni a non finire.

Assenti Rimini e Panezio, cosa piuttosto frequente in quegli anni, a luglio, i capitani furono costretti a comporre un lotto di cavalli mai vittoriosi, nel quale Rucola, toccata alla Giraffa e montata da Bazzino e Quebel, andato in sorte alla Chiocciola, per la monta di Valente, costituivano le punte. Rio Marin nel Montone con Ragno, Solange nel Leocorno con Liscio e Lucianella con Ercolino nell’Onda, erano altre accoppiate con una certa esperienza paliesca; il lotto era poi completato da 5 soggetti esordienti: Tornado nell’Oca con Aceto, Tobruk nella Tartuca con Canapino, Serena nella Torre con Spillo, Teseo II nella Pantera con Rondone e Lamadina nella Selva con Grinta, anch’esso al debutto. I giorni della festa filarono via tranquilli fino alla sera della prova generale quando la protagonista indiscussa divenne la pioggia, che impedì l’effettuazione delle ultime due prove e rese il tufo in pessime condizioni. Anche il giorno del Palio, il meteo fece le bizze, con acquazzoni e timide schiarite che si alternarono rapidamente. Nonostante il precario stato della pista, fu deciso comunque di far sfilare il corteo storico, al termine del quale, con una decisione inconcepibile, fu fatto entrare in Piazza un mezzo comunale carico di tufo con alcuni operai che cominciarono a gettare la terra fresca su quella bagnata, rendendo così la pista praticabile solo all’apparenza mentre, nei fatti, essa era divenuta ancora più viscida e pericolosa per cavalli e fantini. Quando tutti ormai credevano ad un possibile rinvio, dall’Entrone uscì un piccolo corteo composto dai capitani e dai fantini che, in uno dei momenti più bassi della storia del Palio, accompagnati dai fischi e dalle urla dei contradaioli indispettiti per l’assurdo spettacolo al quale stavano assistendo, compirono un giro ispettivo della pista. Ma, probabilmente, le autorità comunali avevano già preso la decisione di correre il Palio e, l’ordine di montare a cavallo, fu accolto dalle proteste dei fantini, la maggior parte dei quali certi di finire per terra al primo San Martino (cosa che puntualmente avvenne) e, quindi, contrari alla disputa della carriera.

La caduta di Bazzino per una forzatura del canape, anticipò di pochi istanti la mossa valida; Onda, Chiocciola e Selva furono le più rapide ad uscire; più indietro, Aceto e Camillo si ostacolavano a colpi di nerbate. Al primo San Martino, come detto, il fango presente in pista fece sconti a pochi ed a finire a terra furono la Chiocciola, che aveva girato prima, poi l’Onda, il Montone, la Pantera, il Leocorno, la Torre e la Selva. Da questa ecatombe, fu proprio Quebel il più lesto a rialzarsi, seguito dalla Giraffa che partita male dai canapi, aveva evitato il mucchio e la caduta con una impostazione prudente della curva, dallo scosso della Selva e da Canapino nella Tartuca, che cadde però al Casato, imitato successivamente da Bazzino al secondo San Martino. Solo Aceto, staccato ed ormai al passo, era rimasto a cavallo. L’ultimo giro fu qualcosa di incredibile: Quebel proseguiva la sua corsa, dietro di lui i soli Rucola e Teseo. Tutti gli altri, sparsi o fermi qua e là per la Piazza. L’estremo tentativo di incitamento da parte di Valente e Bazzino, rimasti a bordo pista, attraverso il lancio del nerbo e di alcune zolle di terra ai loro barberi, non cambiò l’esito della carriera; Rucola, pur guadagnando tanti metri, non riuscì a superare il roano di San Marco, che pertanto tagliò per primo il bandierino riportando così il cencio nella Chiocciola che aveva appena finito di festeggiare la vittoria del 16 agosto dell’anno precedente.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 16 AGOSTO 1961

Messaggio  jabru Gio Lug 23, 2020 7:47 pm

Sul Palio del 16 agosto 1961, vinto dalla Torre con Salomè de Mores e Vittorino si è scritto di tutto e, su ciò che riguarda l’evento caratterizzante di quella carriera, passato alla storia come la “rigirata del Gentili” – tradimento del fantino laziale o bizza improvvisa di Capriola, dilemma mai risolto – ma anche delle disavventure accadute allo stesso Ciancone in un infuocato dopo corsa in Fontebranda, sono stati ricamati racconti più o meno reali, che hanno comunque contribuito a dare a questo Palio una patina leggendaria, così come, da leggenda, fu il duello in corsa tra le sorelle Uberta de Mores, a caccia della sua quinta vittoria consecutiva, che nell’occasione difendeva, assieme a Tristezza i colori della Tartuca, e Salomè de Mores, già vittoriosa nell’Aquila nel ’59, che correva nella Torre con Vittorino. Le altre accoppiate al canape erano il Montone con Elena e Rondone, l’Istrice con Belinda e Biba, l’Aquila con Beatrice e Mezzetto, la Lupa con Briosa e Canapetta, l’Onda con Marisa e Pennello, il Bruco con Balsanina e Canapino, la Giraffa con Rosella e Rompighiaccio. Infine c’era l’Oca che, così come accaduto a luglio, ebbe in sorte Capriola, nuovamente affidata a Ciancone, reduce da un infortunio subìto nei giorni antecedenti la tratta e ristabilitosi in tempi record. La carriera del 16 sera ebbe nella mossa e nell’ultimo San Martino i due momenti chiave. Una volta conosciuto l’ordine al canape infatti, in molti contradaioli sorse, ben giustificata, la paura di far tardi, in quanto la presenza dell’Oca al nono posto con la Torre di rincorsa non prometteva tempi di mossa rapidi. Ma Vittorino, ben consapevole dei difetti di Capriola, sapeva che la bizzosa cavalla era avvezza a girarsi se tallonata da vicino, difetto peraltro già evidenziato nel luglio precedente, seppur solo per una prova. Il fantino della Torre si piazzò così al verrocchino ed entrò lanciato al seguito di Capriola che, sentendo dietro di sé la presenza di Salomè, scartò improvvisamente girandosi verso il Casato. L’ammucchiata creatasi nella parte bassa dello schieramento favorì la Tartuca, uscita prima, ma soprattutto la Torre che, grazie alla nota abilità di Vittorino nelle partenze di rincorsa, alla Fonte era già seconda. Le due contrade ben presto staccarono di diversi colonnini tutte le altre, apparentemente quasi disinteressate alla carriera. In quel Palio infatti erano presenti molti soldi messi sul piatto dalla Torre, determinata come non mai a tornare al successo e, sebbene la dirigenza dell’Oca fosse riuscita a lasciare a piedi Lazzero, facendolo addirittura sparire da Siena, privando Vittorino di un valido alleato, quasi tutti gli altri fantini, tranne il Gentili, che, come hanno sempre sostenuto i dirigenti torraioli, riscosse comunque la sua parte, consegnata in ospedale e nascosta dentro un pacchetto di sigarette, e Tristezza, che i soldi di Salicotto non li volle proprio, non avevano grossi motivi per ostacolare la Torre. Il duello tra le sorelle de Mores che stava premiando per l’ennesima volta Uberta, cavalla decisamente più veloce e potente di Salomè, si risolse al San Martino conclusivo: Tristezza, sentendosi pressato, sbagliò la traiettoria, prese in pieno il colonnino e cadde, lasciando strada spianata a Vittorino che si avviò così verso il suo settimo ed ultimo successo sul tufo. Per ciò che riguarda la corsa degli altri, unici spunti degni di nota sono gli scambi di nerbate tra Bruco e Giraffa e tra Lupa ed Istrice, dei quali però non rimane neppure testimonianza fotografica, tanto erano lontane queste contrade dalla testa della corsa. Per quel che riguarda invece Ciancone, gli ocaioli non gli perdonarono la leggerezza al canape e, nonostante i suoi tentativi di discolparsi, scaricando la responsabilità su Capriola, fu severamente punito al suo ritorno in contrada. Per colui che, solo due anni prima aveva regalato l’ennesima gioia a Fontebranda, e divenuto in un attimo il peggiore dei traditori, fu l’inizio di un lungo esilio forzato concluso solo cinque anni dopo, la mattina del 16 agosto 1966, con la sua ricomparsa sul tufo, con i colori dell’Onda.

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Storia del palio - Pagina 3 Empty 2 LUGLIO 1973

Messaggio  jabru Ven Ago 14, 2020 6:57 pm

Il 16 agosto, nella ricorrenza di San Rocco Confessore, la Lupa celebrerà la propria festa titolare e, per l’occasione, ripercorriamo gli eventi del Palio del 2 luglio 1973 vinto dalla contrada di Vallerozzi al termine di un digiuno lungo 21 anni. Questa carriera fece conoscere al mondo contradaiolo un cavallo, Panezio, che sino ad allora aveva corso i 3 Palii del ’72, per altro in modo anonimo, e per il quale i migliori fantini non avevano speso pareri entusiastici ma che, di lì a poco, diverrà il re indiscusso della Piazza. Il “Ragioniere”, come già detto, toccò in sorte alla Lupa, che fu affidato a Tristezza, fortemente voluto da capitan Vittorio Beneforti, nonostante la prestazione non certo indimenticabile del settembre precedente; le favorite però erano altre a partire dalla rodata accoppiata Marco Polo – Canapino nel Bruco, al Drago che si presentò con Mirabella e Bazza ed il Nicchio con Pitagora e Rondone. Completavano il lotto la Chiocciola con Satiro e Canapetta, l’Aquila con Macchina II ed il debuttante Ercolino, la Civetta con Manon e Giove, l’Istrice con Lazzarella ed Aceto, l’Onda con Tatiana e Valente ed infine il Montone che, per la monta di Quartetta, scelse il giovane Massimo Alessandri detto Bazzino, figlio di Bazza. Così, per la prima volta dopo oltre 60 anni, stante anche la revisione regolamentare entrata in vigore a partire da quel Palio, due fantini consanguinei poterono tornare a correre contemporaneamente. Le prove furono ricche di spunti di cronaca: il più significativo, che condizionò anche l’esito della carriera, accadde per la seconda prova, quando Pitagora non fece venir meno il suo vizietto di andare a dritto a San Martino, trascinando nel Porrione pure Marco Polo che la tallonava, provocando altresì la caduta del Frasca, che correva nella Civetta e che si infortunò seriamente. Singolare fu poi il violento bisticcio a terra tra un infuriato Rondone e Canapino. Oltre a questo episodio, da ricordare pure l’improvvisa grandinata che impedì l’effettuazione della terza prova ed forti momenti di tensione tra Istrice e Lupa che indussero i Deputati della Festa a concedere l’esenzione dal corteo storico di Panezio e di Tristezza, quest’ultimo sostituito da un contradaiolo sul soprallasso. In questo clima effervescente si giunse al Palio, con il mossiere Gioacchino Calabrò detto Rubacuori che chiamò le contrade nel seguente ordine: Aquila, Bruco, Montone, Chiocciola, Onda, Istrice, Drago, Nicchio, Lupa e Civetta di rincorsa. La mossa valida vide il grande spunto del Bruco e della Lupa, entrata lanciata davanti alla Civetta, mentre Aquila e Montone rimasero fortemente attardate. A San Martino girò primo il Drago ma un allargamento del Bazza consentì al Bruco di prendere la testa, incalzato dal Nicchio e dal Drago, finito in terza posizione. Al secondo San Martino il Nicchio affiancò il Bruco ma Pitagora si rifiutò ancora di girare e Marco Polo lo seguì di nuovo. Di tutto ciò ne approfittò il Drago che riprese la testa, con dietro la Lupa; più attardate le altre contrade. La vittoria divenne così una questione a due che si risolse all’ultimo passaggio davanti al palco delle comparse: Panezio dall’esterno superò la stanca ed infortunata Mirabella, resistendo all’attacco finale della Civetta che fece un grande Palio con la modesta Manon. La Lupa, così, oltre a festeggiare la vittoria, attesa da ben 21 anni, poté prendersi una bella rivincita nei confronti dell’Istrice, a soli 10 mesi dal suo ultimo successo datato 17 settembre 1972.

Davide Donnini da OKSiena
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